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Vitagiocata

ha pubblicato un'immagine nell'album Personale

Quanto può essere di nicchia un videogame ma comunque generare consensi, addirittura speedrun e magliette? La risposta è in Faith. Le premesse per farlo restare nel suo bell'angolino c'erano tutte: stile grafico a cui mia figlia di 5 anni si avvicina molto, animazioni che definire legnose è un complimento, vari cliché ripresi dal cinema, gameplay da quattro tasti in croce (questa è una battuta e dopo capirete perché). Eppure Faith è riuscito nell'impresa di uscire dalla nicchia, tirar fuori la testa e dire la sua. Lo fa attraverso una dichiarazione d'amore verso un genere che è troppo spesso abusato nel medium videogame. Lo riporta alle sue radici, tirando in ballo le religioni, lo spiritismo, l'occultismo, i riti satanici, il culto della morte, temi tanto cari al cinema horror religioso degli anni Settanta (L'esorcista, Audrey Rose, Il presagio).
Stiamo viaggiando a bordo di una berlina in una strada deserta del rurale Connecticut nel 1987. Vestiamo i panni di un prete (lo si intuisce dall’unico pixel bianco sotto la nostra testa che dovrebbe essere il collarino) e abbiamo in tasca un crocifisso. Stiamo tornando nella casa dove un anno prima un esorcismo è andato male per finire ciò che abbiamo iniziato (anche se il Vaticano non lo approva).Questo l’incipit di Faith, breve ma intenso gioco che basa il suo gameplay sull’esplorazione, la risoluzione di piccoli enigmi e una basica componente arcade. Armati solo del nostro crocifisso infatti saremo chiamati a sbarazzarci della presenza demoniaca in una sorta di boss fight. Una volta sceso dalla macchina il prete dovrà incamminarsi in un bosco popolato da cervi, alberi, pozzi, lapidi e... chupacabras! La lore si rivelerà a mano a mano che recupereremo delle lettere sparse nella mappa di gioco. Imponendo il crocifisso su alcuni oggetti, uno spirito si leverà in cielo e rilascerà un documento da leggere per capire cosa è successo alla diciassettenne Amy e alla sua famiglia. L’ambientazione è piuttosto ristretta, considerando che il tutto si svolge nel bosco e all’interno della casa.
La grafica pixellata in stile MS-DOS e ZX Spectrum usa pochissimi colori: lo sfondo è sempre nero, poi tanto rosso sangue, il blu per il prete e il viola per rappresentare il male. Anche i suoni e le voci filtrate attraverso un sintetizzatore richiamano l’epoca 8 bit. Alcuni intermezzi animati in rotoscoping sottolineano le scene salienti del gioco e segnano anche il checkpoint da cui si può ripartire in caso di morte. Il gioco si porta a termine in un paio d’ore scoprendo tutti e cinque i possibili finali.
Faith ha il suo punto di forza nell’ambientazione e nella storia che viene rivelata per lo più attraverso la lettura dei vari scritti lasciati nel gioco. La componente ludica rimane debole e sullo sfondo. Inoltre l’abbondanza e forse l’abuso di stereotipi di alcuni film horror rende il tutto abbastanza scontato e prevedibile. Resta comunque una piacevole sorpresa e se il programmatore Airdorf ha già fatto uscire il secondo capitolo ed è in programma il terzo che sta per sbarcare su Steam, vuol dire che non è più tanto di nicchia. Per ora lo si può scaricare gratis o facendo una piccola donazione su itch.io.

Un ringraziamento a Gigetto che mi ha dato il LA per scrivere di questo gioco.