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Red Dead Redemption - Recensione

Delitto e Castigo nel vecchio West.

Confine tra Messico e Stati Uniti, 1911: L'alba di un nuovo secolo, il tramondo di un'era: quella del Selvaggio West e dei cowboy contro gli indiani, quella della lotta per la conquista delle praterie dell'entroterra, quella della gola arsa nelle desolate distese assolate.



L'epoca cantata da Francesco De Gregori, quando "il Paese era ancora giovane/ e i soldati a cavallo erano la sua difesa", sta lasciando il passo alla civilizzazione, che significa la nascita delle prime città, la costruzione di chilometri di ferrovie, il propagarsi capillare del controllo governativo.



Sullo sfondo di questo quadro crepuscolare si svolgono le vicende narrate in Red Dead Redemption, videogioco targato Rockstar Games (famosa per la serie Grand Theft Auto) sequel spirituale di quel Red Dead Revolver che poca fortuna conobbe nella scorsa generazione di console.
Protagonista di questa storia di delitto e castigo è John Marston, ex fuorilegge che, per evitare che l'FBI metta a repentaglio la sicurezza della sua famiglia, decide di svolgere un lavoro sporco per i Federali di Blackwater: rintracciare e consegnare, vivi o morti, i componenti della sua banda. Per trovare i vecchi compagni, John si troverà anche in una serie di eventi imprevisti, come partecipare all'ennesima Rivoluzione in Messico o aiutare un poco di buono a vendere pseudo-elisir corroboranti.



Rende ancor più ammaliante la trama la sequela di personaggi ideati dagli sceneggiatori per l'occasione: il protagonista, classico esempio del cowboy taciturno e pensoso, incontrerà decine di soggetti, dall'inquietante Seth (vero e proprio omaggio al Gollum di Tolkeniana memoria) agli ambigui Allendisti messicani, dalla giovane (ma non indifesa) Bonnie Mc Farlaine alla Pasionaria Laura, tutti dannatamente caratterizzati e spettacolarmente orchestrati da una trama coerente che, pur citando qua e là molti degli stilemi dei film western, non risulta mai banale o noiosa.



Al di là della splendida narrazione, dei meriti ludici e dal grande trasporto emotivo che garantiscono le decine di ore che si dedicheranno al completamento della trama principale, ciò che rende Red Dead Redemption un capolavoro unico nel suo genere è il feeling che i ragazzi del team di sviluppo hanno saputo ricreare: le musiche della eco apertamente Morriconiana, la sterminata distesa di sabbia e il cocente illuminar del sole, la maniacale riproduzione di ranch, villaggi, cittadine, l'oculata IA degli animali selvatici. Potrei proseguire per righe intere, ma il succo è chiaro sin da ora: Quello proposto da Rockstar è uno dei mondi videoludici più grandi, realistici e affascinanti di sempre, un vero valore aggiunto per un prodotto già di suo ben più che buono. E mi sento di aggiungere che non si tratta solo di una questione di potenza computazionale o di qualità dell'engine grafico: anche l'aspetto artistico è fondamentale, anzi, preponderante.



Parlando del gameplay, c'è da dire che il sistema di gioco è in gran parte mutuato da Grand Theft Auto IV, incentrato sulle sparatorie.Una gradita aggiunta è il "Dead Eye", una delle tante varianti del "Bullet Time" introdotto al cinema da Matrix e nei videogiochi da Max Payne, perfetto per colpi precisi e sequenze spettacolati. Inoltre, a fare da contorno alle molte fasi shooter (che prevedono anche situazioni come duelli e mexican standoffs, riproposti in puro stile spaghetti western) ci saranno gare equestri, sabotaggi, battaglie vere e proprie, lavori da mandriano, sfide ambientali, ricerca di tesori...insomma, annoiarsi è impossibile nel New Austin (l'immaginario Stato federato ricreato dal team Rockstar di San Diego). Unico vero difetto a mio avviso è il sistema di coperture, a tratti impreciso e incapace di rendere appieno su schermo gli input del giocatore.



Tuttavia, il sistema di coperture è un difetto lievissimo (simile a quello dell'impossibilità di nuotare), paragonabile ad un piccolo neo sul bellissimo volto di una modella. In termini meno aulici, non impedisce di divertirsi e di godere appieno del prodotto.



Oltre alla ventina d'ore necessaria per concludere l'epopea western di John Marston, il gioco contiene inoltre una corposa modalità online sia competitiva che cooperativa in cui sarà possibile o sfidare gli altri gringos in sfide classiche, come i deathmatch o i capture the flag, o farsi aiutare per compirere determinate missioni e ripulire i covi occupati dai criminali. Dopo averci passato sopra parecchie ore devo dire che si tratta di una graditissima aggiunta. Qualora tutto ciò non sia abbastanza, sono stati rilasciati sugli store online una serie di contenuti digitali scaricabili che vanno ad arricchire sia il multiplayer che la campagna in solitaria (mi riferisco al DLC Terrore dell'Oltretomba, che non ho ancora testato).



Chiudendo, Red Dead Redemption è considerabile come uno dei picchi più alti raggiunti dal medium videoludico in questa generazione e in assoluto, non tanto per i meriti ludici (che sono all'incirca i medesimi di un GTA, come già detto), quanto per l'esperienza e le sensazioni che sa donare a chi deciderà di salire in groppa ad un cavallo e seguire il dipanarsi del destino di John Marston verso il sole arroventato del tramonto.



Personalmente, lo considero come il primo gioco Rockstar capace di entusiasmarmi realmente dai tempi di Grand Theft Auto: Vice City. Giocatelo e vi rimarrà nel cuore.



[9,9/10]

pubblicato alle 15:14 del 06/11/2012

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