[E3 2016] God of War – Anteprima
Avevamo celebrato la conferenza di Microsoft già dal suo inizio, uno Show iniziato e finito con due annunci sul fronte hardware, uno legato al presente ed uno al futuro, di un certo spessore, per quanto attesi. Più che galvanizzati, lo ammettiamo, la nostra mente non ha fatto altro che metabolizzare lo straordinario spettacolo del Colosso di Redmond, ma con in mente l'interrogativo circa la conferenza Sony che si sarebbe tenuta poche ore dopo. Quello che non potevamo immaginare era lo spettacolo sensoriale che la holding giapponese aveva in serbo per noi, nella coreografica cornice, sapientemente approntata per l'occasione, del The Shrine. Lì, ad attenderci, c'era una grande orchestra collocata vicino al palco il cui direttore ha fatto il suo ingresso dopo il fade off delle luci, dando il La ad una magistrale esecuzione di un tema dalle antiche reminiscenze di gesta epiche e di guerra, contraddistinto dall'incessante martellamento dei timpani, contrabbassi ed ottoni ad accompagnare un coro di baritoni e tenori cui si sono sovrapposti gli archi al gran completo, con i primi violini ad accennare un tema passionale e drammatico, un controcanto di violoncelli, per poi riprendere in maniera più serrata e crescente l'incipit epico e tribale, trasmettendo emozioni molto particolari. Un'esecuzione la cui fine ha coinciso con il l'inizio del primo filmato trasmesso. Un bambino, sfigurato in volto da delle cicatrici di provenienza ignota ma che denunciano un tragico passato, intento a giocare all'ombra di una capanna ed interrotto da una voce perentoria e baritonale che lo chiamava. “Ragazzo!”, ha urlato la voce da dentro la capanna costruita in mezzo ad una foresta innevata, costringendo il bambino, visibilmente controvoglia, a guadagnare l'ingresso dell'abitazione, nella quale, nel corso del piano sequenza, una sagoma appena visibile della penombra diceva, con tono ora più composto: “Il coltello di tua madre. Ora appartiene a te.” “Per cosa?”, l'ingenua risposta del bambino mentre afferra il coltello e lo guarda con aria perplessa. “Una prova!”, la secca risposta per poi proseguire lungo un breve dialogo in cui dall'ombra fa la sua comparsa il Fantasma di Sparta che invita il bambino ad accompagnarlo per la caccia dandogli un arco. E' così che, tra gli scroscianti applausi di un pubblico visibilmente emozionato, God of War annuncia il suo ritorno, con tutta l'intenzione di reinventarsi e ridefinirsi, con tutte le intenzioni di affermarsi come nuovo paradigma nel genere su PS4.
Un piano sequenza di poco più di un minuto e mezzo, dicevamo, per poi essere proiettati immediatamente nell'azione di gioco. Dopo un imprecisato numero di anni dalla sconfitta del Pantheon greco al completo, Kratos è ora più vecchio, la lunga barba, lo sguardo più saggio, morbido, non più vendicativo, di nuovo padre, intento negli insegnamenti alla caccia al suo bambino, ma sempre con una durezza autoimposta, per quanto meno severa rispetto a quanto ci saremmo aspettati, comunque di impatto, lasciando però intravedere quanto, in realtà, il sentimento paterno gli imponga di palesare un affetto che, per storia, vicissitudini e retaggio, non riesce ad esprimere apertamente. E' subito evidente, quindi, l'evoluzione psicologica di Kratos, tale da farci ritenere che il profondo legame con suo figlio rappresenterà, nel corso del gioco, uno degli elementi cardine della produzione, rendendo la storia emotivamente più intensa di quanto potessero essere i precedenti GOW, il cui storytelling, per quanto potenzialmente impattante sul piano emotivo, veniva puntualmente zittito dalla sete di vendetta di Kratos e le conseguenti azioni tanto epiche quanto sanguinarie. Abbandonata la mitologia greca, God of War si sposta nello spazio abbracciando le mitologie nordiche proprie della Scandinavia, rinnovando, dunque, l'ambientazione ed evolvendo anche le dinamiche di gioco. Cambia la visuale di gioco, ponendosi alle spalle di Kratos, a metà da tra una visuale in terza persona pura ed una semisoggettiva. Cambiano anche le armi: Kratos avrà con se un'insolita ascia cesellata con delle rune dal bagliore di colore blu. Durante la battuta di caccia, Kratos ed il bambino si lanciano all'inseguimento di quello che sembra essere un caribù. Ed è proprio qui che abbiamo una reminiscenza del carattere autoritario di Kratos e della sua provenienza, quando il figlio lancia incautamente una freccia sbagliando il bersaglio e facendo scappare l'animale.
Kratos è ora più vecchio, la lunga barba, lo sguardo più saggio
Kratos lo rimprovera aspramente e, davanti alle scuse del piccolo e l'atteggiamento rattristato, ricompostosi dopo un respiro, Kratos risponde in modo più morbido, incoraggiando il bambino a non scusarsi ma ad essere migliore. Durante la battuta di caccia, in un dato istante, i due vengono assaliti da dei mostri di provenienza sconosciuta, cui Kratos farà fronte in modo sorprendentemente nuovo e coriaceo, lasciandoci però intuire che l'anima del gioco resta sempre la stessa, e questo non è affatto un male. Arriva dunque il momento di un Boss a metà livello, ed è li che God of War tradisce la sua essenza più pura: cambiano le dinamiche, cambia in parte la struttura, le ambientazioni, la mitologia, ma il Fantasma di Sparta, per quanto più posato, saggio e maturo, resta sempre il fantasma di Sparta. Eliminato il Boss, i due protagonisti giungeranno finalmente all'agognata preda e Kratos darà delle istruzioni al bambino per colpire il caribù scoccando una freccia. Il colpo va a segno, ma non è finita: a questo punto Kratos incoraggia il bambino a finire l'animale con il coltello donatogli poco prima. Davanti all'esitazione del piccolo, Kratos poserà le proprie mani sulle sue, in un gesto paterno ma risoluto per spingerlo a finire la preda, in una scena che ha molto da raccontare sul piano emotivo, non solo per il realismo sia visivo che emozionale (l'animale che respira a fatica con gli occhi sbarrati, l'esitazione del ragazzo), ma proprio perché metterà in luce il combattimento interiore di Kratos tra l'abbandonarsi completamente a un sentimento paterno e il suo restare fedele, il più possibile, alla propria origine. In quell'esatto istante, infatti, il bambino sarà sconsolato, rattristato, e Kratos, leggermente dietro di lui, fa per allungare la mano sulla spalla del bambino, per consolarlo, ma dopo un momento di esitazione, devia la traiettoria recuperando il pugnale dal corpo dell'animale e restituendolo al bambino, per poi dirgli che è pronto per un nuovo inizio. E così, un nuovo piano sequenza inizia, con una visuale che si innalza e si allarga per mostrare uno scorcio meraviglioso della nuova ambientazione, con un drago in lontananza che farà poco dopo un passaggio semi radente sulle teste dei protagonisti, giungendo così alla fine della Demo.
Sul piano squisitamente tecnico God of War è semplicemente magnifico. Modelli poligonali dei personaggi, ambientazione, animazioni, texturing ed illuminazione: tutto risponde ai più alti criteri realizzativi ed il gioco sembra porsi, insieme ad Horizon: Zero Dawn, al vertice di quanto visto in questa fiera fin qui. Non una sbavatura, un incertezza, tutto scorre via fluido ed in modo del tutto coinvolgente. Tanto sul piano tecnico che strutturale Gears of War sembra fin da ora destinato ad elevarsi non più all'olimpo delle produzioni, vista la nuova ambientazione, ma in un più coerente Valhalla, lasciandoci la sensazione, per quanto il gioco sia ancora lontano a venire, che non è mai stato così bello possedere una PS4.
L'articolo God of War – Anteprima è estratto da GamesVillage.it.
