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Batman: The Telltale Series – Children of Arkham – Recensione

Il  secondo capitolo della serie di Batman creata da Telltale, Children of Arkham, si presenta ad oltre un mese di distanza da quel Realm of Shadows che ci aveva trasportato in maniera convincente in una Gotham innovativa, quantomeno per quella che è la concezione ormai acquisita attraverso i film di Nolan o i recenti lavori di Snyder: una città in cui la malavita può piegare le vite di milioni di persone senza usare superpoteri e in cui ogni individuo in grado di fare la differenza ha un prezzo. In questo contesto quasi tradizionale, Batman detiene però quanto maturato nel tempo attraverso i vari media, sfruttando tecnologie di altissimo livello – persino con qualche slancio innovativo – per affrontare gangster e criminali goffi e privi della pericolosità tipica dei villain che abbiamo imparato a conoscere. In questo nuovo episodio, però, si alza sensibilmente l'asticella, in un crescendo che riprende in piena velocità le rivelazioni del precedente, per colpire il giocatore dove non si aspetta, mettendo in discussione le sue azioni con scelte spesso prive di chiaroscuri e foriere di conseguenze ben precise in direzioni spesso divergenti.



IL CAVALIERE CHIAROSCURO
Avevamo lasciato il nostro uomo pipistrello alle prese con le scomode verità che riaffioravano dal passato della sua casata, legata a quanto pare con le famiglie criminali di Gotham: ritroviamo dunque un Bruce Wayne combattuto, in difficoltà nell'accettare una realtà solo insinuata che riaffiora, passo dopo passo, come solida e inevitabile, scuotendo alle fondamenta i principi che lo hanno portato a ergersi come difensore di Gotham. Questa vulnerabilità però, si percepisce solo in situazioni circoscritte, faticando ad esprimersi in altri contesti e quasi mai andando ad intaccare la sicurezza di Batman/Wayne nel prendere le sue decisioni. Nel primo capitolo era stato egregio il lavoro degli autori nel distanziare e caratterizzare le due facce dell'uomo, segnando una sensibile linea di confine tra l'eroe e l'uomo d'affari, quasi fossero colleghi in contatto piuttosto che un'unica persona. Con il prosieguo degli eventi viene un po' a cedere la rilevanza di Bruce e i momenti in cui lo interpretiamo difficilmente conducono a snodi consistenti e, anzi, piuttosto lo vedono come strumento per muovere in avanti le scene.



L'apice di questa “dissoluzione” dell'uomo d'affari in favore del giustiziere si ritrova in una scena in cui Batman è costretto a interpretare il suo alter ego durante una telefonata, assumendo un comportamento che stride in maniera profonda con il suo costume e che al tempo stesso suggerisce come ormai, dato l'approssimarsi di una crisi piuttosto seria, forse si possa fare a meno di giacca e cravatta. Allo stesso modo, in altri momenti in cui vengono puntati i riflettori sul lato umano di Bruce Wayne, è l'eroe ad emergere, indipendentemente dal costume: si susseguono dunque, nel corso degli eventi, piccoli istanti in cui si prova ad indagare sullo stato d'animo di quel ragazzino diventato paladino della giustizia in memoria di genitori che poneva su un piedistallo, alle prese con la ruggine che ne sta corrompendo, inesorabilmente, l'immagine. Forse però non c'è abbastanza tempo per mostrare quanto possa impattare sulla vita tale instabilità psicologica, venendo tolto – causa forza maggiore – al giocatore il compito di tutelare l'immagine della sua famiglia e della sua azienda anche in funzione della campagna elettorale di Harvey Dent, elemento invece molto intrigante nel precedente episodio



Con il prosieguo degli eventi viene un po' a cedere la rilevanza di Bruce
Dopo una partenza decisamente col botto, Children of Arkham tira il freno quanto ad ampiezza di possibilità e situazioni, concentrandosi però su alcune scelte piuttosto consistenti che spingono il giocatore a successivi replay di questa ora (circa) di gioco, per scoprire le conseguenze di approcci differenti, stuzzicando la curiosità al punto di riprendere in mano il primo episodio e verificare eventuali cambiamenti già in questa occasione. Lo stile narrativo scelto tradisce fin d'ora la volontà di creare una storia malleabile che asseconda la rigiocabilità estesa, in quanto un approccio lineare può essere vittima della brevità dell'esperienza e lasciare con l'amaro in bocca – tenendo però ben presente che gli eventi critici di questo capitolo sono più che sufficienti per smuovere l'animo anche del più freddo custode di Gotham. Un peccato solo che in questa occasione la componente interattiva sia davvero sacrificata, con l'assenza totale di investigazione e una sezione di “combattimento programmato” che lascia poco spazio alle alternative. La strada tracciata è comunque ottima a livello narrativo, a patto che i prossimi episodi non si stacchino in maniera troppo repentina dai personaggi sui cui sono state costruite le fondamenta di questa storia.



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21 settembre 2016 alle 10:50