Il Viaggio (The Journey) – Recensione
Il viaggio è certamente uno dei topic preferiti delle tesine liceali piene di buone intenzioni e nel cinema definisce lo spazio che va sotto il genere del road movie. Tale è in prima battuta il film del regista Nick Hamm che è approdato fuori concorso al Festival di Venezia 2016 e che sarà proiettato il 30 marzo nelle nostre sale. La storia s'innesta sullo sfondo della guerra civile che fra gli anni '70 e '80 ebbe luogo in Irlanda del Nord fra i repubblicani indipendentisti di Martin McGuinness – che ci ha lasciati nella notte del 21 marzo – e i democratici unionisti del partito conservatore e anticattolico di Ian Paisley. Dopo l'incontro a St. Andrews (Scozia), incapaci di trovare un accordo, i due sono spinti dall'entourage politico ad effettuare un viaggio in macchina che – si spera – li convincerà a trovare un'intesa per la pace del Paese. La pellicola è quasi interamente svolta all'interno dell'abitacolo, le dinamiche della comunicazione sono quelle previste da ogni storia sul viaggio, i tempi e lo humor sono ancora quelli delle più note commedie britanniche, espedienti narrativi e abilità tecniche non si distinguono dal vasto insieme delle fiction storiche; ciononostante Il Viaggio non passa inosservato alla bontà della sua realizzazione. Sarà che i due attori protagonisti sono il sempre brillante Miles O'Brien di Star Trek e l'irriconoscibile e ancora potente Peter “Codaliscia” Minus della saga di Harry Potter, rispettivamente Colm Meaney e Timothy Spall. O sarà che quando entriamo nella dimensione della Grande Isola ci vestiamo subito della sua fine etica e parliamo il discorso della moderazione e dell'eleganza.
C'è che Il Viaggio ti sposta di qui e di là nella dialettica delle scelte politiche (col suo portato ideologico, sociale e antropologico) senza far alcun uso della forza patica della vista (lo scenario di guerra è quasi del tutto assente). McGuinness è stato un pezzo grosso della forza paramilitare IRA (Irish Republican Army). Paisley ha una lunga carriera da attivista protestante e ancora da anziano è il fervente leader radicale che inevitabilmente mostra tutta l'ambiguità descritta da Weber nel suo saggio sull'etica protestante. L'uno sostiene la necessità di giungere a una pace, l'altro è reazionario e sordo al cambiamento. Il primo è l'etica che chiude un occhio sulla morte del singolo, il secondo ricorda nomi e cognomi dei morti nelle stragi. Il confronto rimane dinamico per quasi tutta la durata del film e, accompagnato da momenti di sospensione etica, intercetta spazi di pura e genuina ironia, probabilmente, anche grazie alla presenza nel cast di Freddie Highmore nei panni dell'autista improvvisato. A conclusione del film, Paisley e McGuinness, giunti all'aereo privato che porterà l'uno dalla stimata moglie per la festa d'anniversario, hanno il tempo di congedarsi e scambiarsi le parole di concordia che tutti ci aspettavamo dall'inizio del film. Ma – ed è questa la ragione che dona definitivamente profondità alla pellicola – questo sarà il momento in cui lo scambio di battute renderà un film già godibile una narrazione credibile. Una storia, quindi, con la S maiuscola, resa entusiasmante dal fascino della sua autenticità e dalla compostezza con cui viene raccontata. Irlandesi – sì – ma, in fondo (non si offenda l'IRA), ancora decisamente britannici. Quietly thrilling.
DALL'11 MARZO SWITCH MAGAZINE IN EDICOLA - CLICCA QUI PER INFO
L'articolo Il Viaggio (The Journey) – Recensione è estratto da GamesVillage.it.
