Aporia: Beyond the Valley - recensione
Esistono molti modi di raccontare una storia. Diversi media utilizzano diversi approcci: i libri lo fanno attraverso le parole stampate, i fumetti aggiungono le immagini, il cinema mette queste immagini in movimento e rende le parole udibili allo spettatore. Il videogioco è più elastico e capace di canalizzare la narrazione in diverse maniere. Aporia: Beyond the Valley sceglie il silenzio. Nessun dialogo, nessun narratore, eppure la storia che ci racconta arriva dritta al bersaglio, muta ma udibile, durante il nostro viaggio in un mondo incantevole, ma segnato da profonde cicatrici.
L'avventura comincia con il nostro risveglio, emergiamo da una bara di pietra e ci troviamo in una stanza buia, illuminata a stento da alcune serpentine gialle che si inerpicano sui muri. Al centro della camera, appoggiata su un altare di pietra, c'è una fiala luminescente. La raccogliamo senza indugio per poi inserirla in un piedistallo poco distante. Il meccanismo prende vita e dalla strana ampolla parte un raggio di luce che proietta sui muri vicini alcune immagini.
Questo è l'unico modo con cui il titolo comunica con noi, attraverso la proiezione di brevi sequenze animate, che partono incastrando la fiala negli specifici pilastri. Le immagini sono stilizzate, simili alle pitture egiziane, ma comunicano in maniera piuttosto chiara gli avvenimenti avvenuti in un lontano passato. Ogni piedistallo svela un piccolo pezzo della storia e, man mano che si avanza, nuovi dettagli su quello che è successo prima del nostro risveglio vengono rivelati.
