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La Terra di Mezzo: L'Ombra della Guerra - recensione

Arrivato po' a sorpresa, L'Ombra di Mordor è stato uno dei giochi che maggiormente ci ha impressionato e divertito alla fine del 2014. Gli ingredienti per avere un buon gioco c'erano tutti, ma quello che ha reso l'opera di Monolith Software un vero e proprio successo è stato il Nemesis System. Si tratta di una meccanica grazie alla quale gli sviluppatori sono stati in grado di dare una grande varietà a tutta l'avventura di Talion. I nemici, la loro crescita e le loro capacità, infatti, dipendevano da tantissimi fattori casuali, spesso legati alle nostre imprese.



In questo modo il mondo di gioco sembrava vivo e popolato da esseri che, nel bene o nel male, erano stati forgiati dalla nostra spada. L'affascinante ambientazione della Terra di Mezzo e le tante connessioni con Lo Hobbit, Il Signore degli Anelli, ma soprattutto con Il Silmarillion, sono stati un ulteriore valore aggiunto in grado di dare ai nemici e ai paesaggi un fascino e un design amati e immediatamente riconoscibili da milioni di fan.



Con La Terra di Mezzo: l'Ombra della Guerra, Warner ha voluto abbandonare lo stato di silent hit e puntare direttamente a quello di blockbuster, investendo forte su questo seguito. Monolith ha provato ad espandere praticamente qualunque aspetto della produzione, così da dare ai fan molta più roba sulla quale divertirsi a lungo. La storia parte esattamente dove L'Ombra di Mordor si era interrotta: Talion e Celebrimbor si dirigono verso il Monte Fato per forgiare un nuovo Anello grazie al quale poter sconfiggere definitivamente Sauron. Solo che qualcosa va storto e il nuovo strumento di potere finisce nelle mani sbagliate.

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5 ottobre 2017 alle 15:10