Dragon Ball FighterZ – Recensione
Dragon Ball FighterZ è stato certamente uno dei titoli più attesi di questo inizio 2018. Un po' perché, banalmente, stiamo parlando di Dragon Ball. Un po' perché questo universo ha un target molto giovane abituato a sentirsi un mezzo dio per l'esecuzione di una mezzaluna seguita da un pulsante frontale, dunque incontrare sul proprio cammino uno sviluppatore come Arc System Works, notoriamente abituato a relazionarsi con i cosiddetti hardcore gamer, avrebbe potuto dare risultati del tutto imprevisti.

Let's get super
Cominciamo subito con il dire che, una volta terminato il leggero download (4 GB o poco più) e avviato il gioco, verremo catapultati in un HUB tridimensionale che contiene tutte le modalità in cui potremo districarci, online e offline. Nei panni di un simpatico personaggio deformed (o chibi, per dirla con i giapponesi) e in compagnia di tutti gli altri giocatori presenti nella stessa lobby per un massimo di 64, avremo accesso a una manciata di missioni, che altro non sono che un'occasione per spiegarci a cosa servono le diverse aree.
La prima a cui ci converrà dedicarci è quella riservata all'allenamento, in cui potremo sia affrontare un classico tutorial di puro combattimento e prendercela con un avversario inerme, sia provare alcune sfide combo, dove saremo chiamati a completare una precisa sequenza di tasti per inanellare mosse su mosse con tutti i possibili personaggi a disposizione. Non si tratta di qualcosa di eccessivamente semplice, allo stesso tempo, però, siamo ad anni luce di distanza dal tasso di difficoltà proposto in uno Street Fighter qualsiasi. Impratichiti delle meccaniche di base sarà allora il caso di passare alla modalità offline principale, la classica Storia.

Bene. Preparatevi. Perché, senza mezzi termini, siamo di fronte a una delle campagne che peggio incarnano lo spirito di Dragon Ball da quando sono stati pubblicati i capitoli per PlayStation 2, almeno, ai giorni nostri. Avremo davanti a noi tre archi narrativi che forniscono la diversa prospettiva degli stessi eventi, prima da parte dei buoni, poi dei cattivi, poi degli androidi. Il percorso sarà obbligato visto che inizialmente avremo a disposizione solo il primo, per poi sbloccare il secondo e infine il terzo, senza che in realtà questo abbia permesso agli sviluppatori di realizzare chissà quale colpo di scena. Ma la delusione vera è spuntata di fronte al fatto che saremo messi davanti a mappe-scacchiera di una povertà sconcertante in cui muovere una pedina, senza che il tutto abbia la minima varietà o intuizione strategica. La cosa ricorda un po' quanto visto in Budokai 2, per chi se lo ricorda, ma in maniera peggiorativa; assente del tutto uno straccio di free roaming come visto in Budokai 3 o, addirittura, in alcuni capitoli per PlayStation Portable. Non che questo pregiudichi eccessivamente l'opera nel complesso, certo è che, quando si sviluppa un gioco di Dragon Ball, si dovrebbe anche pensare a incarnarne lo spirito nel migliore dei modi, e dare modo di svolazzare liberamente qua e là per il cielo rientra in questa categoria di cose.
Come se non bastasse, dovremo completare una sfilza infinita di combattimenti tutti uguali contro cloni dei più celebri guerrieri, buoni o cattivi che siano, dal bassissimo mordente a causa dell'eccessiva semplicità. Non migliora le cose il fatto che la trama non sia brillante e che sia raccontata in maniera alquanto rivedibile, con pochissime cutscene e molti dialoghi superflui portati avanti per inerzia. Ad onor di cronaca affermiamo come il gioco preveda una serie di bonus da equipaggiare e un aumento del livello dei combattenti grazie all'esperienza ottenuta sul campo, ma come questi due aspetti siano applicati lascia del tutto a desiderare, tanto da potere completare i tre archi senza metterci mano.

Androide 21, alleata e antagonista della modalità Storia, non riesce a bucare lo schermo, nonostante le premesse siano intriganti: si tratta infatti di un essere che unisce l'essenza di androide a quella diabolica dei Buu, per qualche misterioso motivo, tanto è vero che è capace di trasformare in dolcetti i propri nemici. La colpa però non è del tutto imputabile a lei, anzi; i personaggi di Dragon Ball (anzi, di Super Dragon Ball Z, visto che l'arco narrativo di riferimento è questo) non brillano infatti per chissà quale scrittura, ma si limitano a essere ben caratterizzati. Anche Androide 21, in questo senso, non fa, per fortuna, eccezione. Però di fronte a una serie infinita di scontri di una monotonia mortale, con avversari sempre identici (perché, come detto, affronteremo cloni su cloni nati per ragioni che lasciamo a voi scoprire), era davvero improbabile affezionarsi in qualche modo a questo personaggio. In fase di sviluppo sarebbe stato assolutamente doveroso o ridurre la lunghezza della Storia, oppure introdurre meccaniche che si alternassero al combattimento, magari di natura puramente strategica. E fa ancor più male pensare che gli autori siano gli stessi di quel BlazBlue che offre, da sempre, una trama complessa e finali multipli.
