Yakuza 6: The Song of Life - recensione
Il sesto capitolo dell'epopea di Toshihiro Nagoshi & Co è un episodio di passaggio, nel senso più profondo del termine. Si potrebbe certo pensare al cambio di motore grafico, primo segno che la serie stia guardando al futuro ma la verità è che il compito di The Song of Life va ben oltre i confini della presentazione visiva. Quello inscenato da Yakuza 6 è anzitutto un "passaggio del testimone", perché il tempo scorre, la vita continua e anche le più epiche tra le leggende sono destinate a tramontare.
Nonostante la presenza di una scena onirica atta a introdurre gli "affetti" di Kiryu Kazuma, vogliamo fare sin da subito un'importante premessa: i neofiti non si lascino ingannare dalle risse spettacolari o dai folli minigiochi, perché Yakuza è questo e molto altro. Stiamo parlando di una serie famosa per le sue trame impegnate e commoventi, sia per sceneggiatura che per direzione e recitazione. Le vicende di The Song of Life ci porteranno a Onomichi, prefettura di Hiroshima, e coinvolgeranno protagonisti e antagonisti del tutto nuovi. Detto questo, per percepire al meglio l'urgenza della missione di Kazuma, sarebbe bene aver giocato almeno a Yakuza 3 e 4.
Yakuza 6 va a posizionarsi subito dopo gli eventi del predecessore, con Haruka che ha confessato ai suoi fan di essere stata allevata da un ex-yakuza e con l'ex capo del Tojo Clan in ospedale, ancora provato dalla lotta contro Masato Aizawa. Il piano della figlia adottiva di Kazuma è tanto nobile quanto irrimediabilmente ingenuo: secondo lei perdere lo status di pop star è stato l'unico modo per riavere indietro la vita all'orfanotrofio e il suo adorato "ojisan" (zio).
