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Yakuza 6: The Song of Life – Recensione

Dopo aver scritto una piccola anteprima rivolta al provato della demo che ci lasciava con l'amaro in bocca proprio nel momento in cui, dopo pochissimi minuti di gioco, era nell'aria l'arrivo di una grande rivelazione entrando nel Little Asia, abbiamo avuto subito l'impressione di essere davanti a un'opera dal grande carico emotivo. Il nostro Dragone è ormai alla soglia dei 50 anni e si tinge con lo stesso impegno di Gianni Morandi, eppure, nonostante l'età, la mancanza di capelli bianchi sembra quasi voler dire che non si è mai abbastanza saggi per affrontare quello che la vita ti mette sul piatto, pertanto il nostro Kiryu affronterà tutto e tutti a modo suo.



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Kamurocho sotto assedio



Dal finale di Yakuza 5, in cui l'idol di successo Haruka Sawamura rivelava al grande pubblico e in diretta televisiva di essere stata allevata dallo yakuza, sono passati circa tre anni. Kiryu, per il bene di Haruka e dei ragazzi del Morning Glory, ha deciso di far calmare le acque in carcere, dopo essere stato usato come capro espiatorio dalla polizia, per dare un segno di autorità in una situazione totalmente fuori controllo. Kamurocho infatti è cambiata, di nuovo. Chi ha seguito la storia di Yakuza, perlomeno Kiwami, potrebbe avere qualche deja-vu. Stavolta però in gioco ci sono moltissimi attori, tutti con un loro preciso scopo e tutti pronti a scatenare una sanguinaria guerra per contendersi il quartiere a luci rosse di Tokyo e non solo. Sì, perché la nostra storia si svolgerà anche in quel di Hiroshima, in una piccola e misteriosa città chiamata Onomichi.



Il nostro protagonista ritornato finalmente in libertà per riabbracciare Haruka, scopre, purtroppo, che la ragazza è scomparsa (ancora deja-vu con Yakuza Kiwami) e che nel frattempo ha avuto un figlio di nome Haruto, per cui, molto approssimativamente, l'incipit della trama sarà riprendere i contatti con tutte le persone fidate e trovare il prima possibile la ragazza e il padre del bambino. Proprio qui entra in gioco una base minima di conoscenza dei personaggi che hanno da sempre caratterizzato questa serie; Makoto Date e la stessa Haruka compaiono sin da Yakuza Kiwami e conviene sapere qualcosa della loro storia, per dare un senso anche al coinvolgimento dell'orfanotrofio. Discorso un po' meno marcato per Shun Akiyama, che invece compare a partire da Yakuza 4.



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La trama, sempre di ottimo livello, mette in evidenza la famiglia e il rapporto tra padri e figli, coinvolgendo non solo il nostro Kazuma Kiryu (ormai considerato come un padre adottivo per Haruka) ma anche svariati personaggi che verranno fuori via via durante lo sviluppo della storia, cavalcando l'onda degli scontri generazionali tra padri che avrebbero voluto, padri che non hanno mai dato e padri che, per qualche ragione, hanno dovuto far qualcosa di sbagliato per salvare i propri figli. Il tutto servito da colpi di scena abbastanza imprevedibili e dalla personalità del nostro eroe, che si farebbe in quattro pur di salvare la propria famiglia. Tutto ciò sfocia poi in delle riflessioni conclusive emozionanti che mettono in evidenza quel po' di saggezza ormai acquisita dal Dragone di Dojima. Il sottotitolo The Song of Life, non a caso, ci sembra oltre che evidenziare il canto del cigno (inteso come la conclusione) di una saga ormai ufficialmente terminata, la scoperta del senso della vita, perlomeno da parte di Kiryu.



C'è però un appunto da fare: la narrazione, a dispetto degli altri capitoli approdati su PlayStation 4, fa fatica a decollare almeno fino al quarto o quinto capitolo. In particolare, ci è parso di vagare a vuoto la prima volta che abbiamo visitato Onomichi; questo perché a un certo punto, per introdurre alcuni personaggi e la storyline relativa al Clan Creator, la trama viene leggermente deviata e viene raccontata facendo il giro più lungo.



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17 maggio 2018 alle 18:20

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