Transference: P.T, VR e Slender Man
In un mercato che premia la quantità rispetto alla qualità, proporre un'esperienza della durata di un film ad un prezzo che equivale a quello di tre o quattro biglietti del cinema è un azzardo: e Transference azzarda. L'esito?
Questa recensione di Transference sarà estremamente soggettiva.
O meglio, premesso che praticamente qualunque recensione è soggettiva (proprio perché vissuta in prima persona), anche quando vi si dice il contrario, nel caso di Transference non può essere altrimenti.
Perché parliamo di un prodotto – per quanto disponibile anche in una versione “normale” – che vive attraverso la Realtà Virtuale, e di conseguenza il rapporto che si ha con la VR (scettici contro evangelisti, vittime del Mal di Doom o duri a morire) impatta sulla percezione del risultato finale. Ma anche perché VR a parte Transference punta tutto sulle sue atmosfere, facendo la spola tra thriller e horror per cercare di lasciare qualche segno sull'animo del giocatore, con il risultato che molto dipende anche da come viene vissuta l'esperienza in sè e per sè.
E a voler essere più concreti, è anche una questione di rapporto prezzo/contenuti.
