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RIOT: Civil Unrest - recensione

Correva l'anno 2013 quando su Indiegogo, in piena frenesia da crowdfunding, apparve RIOT (Civil Unrest venne aggiunto solo in seguito), un progetto davvero interessante: ideato dall'italiano Leonard Menchiari, definito come "simulatore di rivolte", caratterizzato da un'accattivante grafica in pixel art e con un obiettivo di sviluppo fissato ad appena $15.000.



Inevitabilmente, il gioco fece tanto parlare di sé e raccolse in poco tempo il 240% del budget richiesto, attirando anche l'attenzione del publisher italiano IV Productions, fino a quando lo sviluppo rallentò, gli annunci e i rinvii si susseguirono e per un lungo periodo di RIOT non si ebbero più notizie



RIOT: Civil Unrest è stato sicuramente un progetto ambizioso, in particolare per un team composto sostanzialmente da un paio di persone che si sono trovate a dover gestire un titolo all'apparenza semplice, ma tecnicamente piuttosto complesso. Ok, non giriamoci attorno: sei anni per sviluppare RIOT sono stati comunque tanti, troppi, ed è evidente che qualcosa sia andato storto nel corso dello sviluppo.



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22 febbraio 2019 alle 12:10