Monster Energy Supercross – The Official Videogame 2 – Recensione
Stivali nel fango, energy drink in mano e una moto rombante di fianco a noi. Monster Energy Supercross 2 può essere descritto così, in una sola immagine, grazie a un trittico unito da una imperiosa bandiera americana. Eppure, se guardiamo minuziosamente, possiamo scorgere una bandiera diversa, quella italiana, targata Milestone. Un team che, specie per ciò che concerne le simulazioni su due ruote, non teme rivali. Riuscirà questo secondo capitolo a migliorare la prima iterazione, nonostante un solo anno di sviluppo? Preparatevi a sporcarvi di fanghiglia, si parte.

Adrenalina, fango e tecnica
L'impatto con Monster Energy Supercross 2 è sicuramente spiazzante. Il supercross, d'altronde, è una disciplina estremamente tecnica, una sorta di versione ancora più estrema del classico motocross. I tracciati presentano spesso una lunghezza discretamente breve, ma sono colmi di curve a 180°, piccoli dossi in serie (whoops) e rampe che proiettano i centauri ad altezze considerevoli; insomma, lo scopo dello sport non è solo vincere, non è solo sentire l'adrenalina scorrere forte, ma è anche far divertire una folla scalmanata.
Queste caratteristiche tipiche dei tracciati definiscono, ovviamente, lo stile di guida da adottare: scordate una costante pressione dell'acceleratore, ma anzi, preparatevi a dosare frenate, decelerazioni e, solo poi, accelerazioni. Il modello di guida, già di per sé ostico, è stato ulteriormente affinato dal team milanese; la curva di apprendimento è sicuramente dura, in alcuni tratti quasi crudele, ma, con il progredire delle proprie abilità, sarà presto possibile godersi al massimo la simulazione offerta, che nel suo totale risulta migliore rispetto al primo capitolo. E' possibile variare la difficoltà, ma è giusto sottolineare che, anche a quella normale, gli avversari daranno davvero del filo da torcere, rendendo ogni gara una vera e propria sfida. Nonostante ciò, vi sono meccaniche atte a facilitare la vita ai neofiti, ovviamente se desiderate, come il rewind (la possibilità di tornare indietro nel tempo e gestire meglio situazioni complesse) e il dynamic flow aid, che disegna una traiettoria ideale da seguire.

Infine vi sono diverse possibilità, attivabili o disattivabili, che rendono l'esperienza più simulativa o più vicina all'arcade: selezionare come automatico il cambio delle marce, la gestione dei freni e scegliere quale fisica “subire”. Proprio sulla fisica, punto piuttosto dolente del primo capitolo, vi sono diverse modifiche e miglioramenti. Innanzitutto c'è l'introduzione di una meccanica che, specie gli appassionati dello sport, chiedevano da tempo, ovvero la gestione degli scrub; tali manovre consistono in un repentino spostamento del corpo durante un salto, al fine di abbassare la traiettoria e di risparmiare quindi tempo una volta atterrati. Fino allo scorso capitolo questa tecnica era automatica ma, da questa seconda iterazione, diviene una parte fondante del gameplay, un mezzo utile e necessario per avere qualche chance di vittoria alla difficoltà più alte. Inoltre anche la gestione del peso sulla moto è stata affinata e resa più credibile, tecnica fondamentale, specie sulle whoops, per non perdere secondi importanti.
Infine vi sono migliorie, sicuramente più labili, per ciò che concerne i movimenti in aria e a seconda del terreno (advanced inerial response e real terrain collision). Proprio la differenziazione dei terreni risulta un punto debole: l'aggiunta di parti sabbiose è apprezzabile (seppur limitate a porzioni davvero esigue e non in tutti i circuiti) ma, allo stesso tempo, era auspicabile una migliore gestione delle deformazioni del terreno, ovvero quelle gole nel fango che si formano a causa degli pneumatici che rendono, nella realtà, i giri successivi al primo sicuramente più complicati. Insomma, sembra di gareggiare su un tracciato quasi sempre identico. Un peccato. I miglioramenti riguardanti la fisica, nonostante tutto, funzionano, ma senza arrivare a un apice particolarmente luminoso. Anzi, paradossalmente, la fisica “realistica” (alternativa a quella “classica”) risulta spesso esasperata, con cadute a causa di contatti impercettibili con i cuscinetti che delineano il circuito, ma, allo stesso tempo, nessuna conseguenza a scontri ad alta velocità contro gli altri piloti. Una lacuna che appare quasi incomprensibile e che può rovinare l'esperienza ai giocatori più esigenti.
