Thronebreaker: The Witcher Tales – Recensione
A quattro anni dalla conclusione delle avventure di Geralt di Rivia, l'attesa dei fan per un nuovo capitolo della serie The Witcher è in costante crescita e, visti gli impegni di CD Projekt RED sul fronte Cyberpunk 2077, sembra essere destinata a un'inevitabile rassegnazione, almeno per questa generazione di console. Al contempo lo studio polacco non è rimasto con le mani in mano e, anche grazie all'aumento significativo di personale, ha lasciato che alcuni team interni portassero avanti dei progetti alternativi derivanti dal mondo dello Strigo, come il multiplayer free-to-play GWENT: The Witcher Card Game che prende le sue basi dal minigioco di The Witcher 3: Wild Hunt e rimescola il tutto per essere adeguatamente competitivo, fino all'ultimo arrivato Thronebreaker: The Witcher Tales.
Con la nostra recensione cercheremo di sfatare i dubbi di chi non ha seguito lo sviluppo dell'opera o, semplicemente, non ha ben chiaro il genere e la tipologia di gioco che si nascondono dietro al nuovo lavoro del team polacco.

Dalle stelle alle stalle
La storia di Thronebreaker si svolge circa cinque anni prima di The Witcher 3: Wild Hunt, durante quelle tensioni tra l'impero di Nilfgaard e i Regni Settentrionali che, ben presto, sfoceranno nella Seconda Guerra di Nilfgaard. Meve, regina di Lyria e Rivia, si ritrova ad affrontare l'imminente invasione in un viaggio ricco di colpi di scena che si trasformerà, inaspettatamente, in una questione di onore e vendetta.
Per la prima volta in questo universo ci ritroveremo a impersonare un semplice essere umano, seppur con tutti i privilegi e i meriti di un sovrano, con un proprio codice d'onore da rispettare anche a costo della vita. Non ci sono magie, segni, medaglioni e spade d'argento, conteremo soltanto su un esercito e su un popolo devoto alla regina guerriera Meve. Inizieremo la nostra avventura in Lyria e, man mano, avremo l'opportunità di visitare altri regni, da sempre citati, ma mai visti, nei titoli della saga come Aedirn (presente anche in The Witcher 2: Assassin's of Kings), Mahakam e Angren.

Quando il gioco si fa duro, i duri estraggono il loro mazzo
Il progetto inizialmente nato per dare una svolta in giocatore singolo di GWENT, si è trasformato poi in qualcosa di molto più grande, tanto da diventare un titolo a sé stante, forse, in grado di definire una nuova serie di giochi nell'universo The Witcher. Il primo impatto con Thronebreaker ci rimanda, almeno esteticamente, ai più classici GdR come Baldur's Gate, Dungeon's Siege, Diablo e compagni. La visuale isometrica permette di dar vita con facilità a un fantastico mondo nel pieno stile della saga: vasto, bello da vedere e ricco di cose da fare. Nonostante i diversi richiami, però, il gioco prende ben presto le distanze dalle meccaniche tipiche del gioco di ruolo, conservandone davvero pochissime e dirigendosi verso quello che, più correttamente, può essere definito un adventure card game.
Ed eccoci arrivati alla prima grande domanda, come si combatte in Thronebreaker? Ebbene, l'unica arma a disposizione sono le carte. Ogni puzzle, ogni battaglia, ogni occasione per proseguire nella trama è accompagnata da uno scontro a GWENT, opportunamente rifinito per non appesantire ulteriormente il gameplay. Se in The Witcher 3 eravate dei maestri del minigioco e avevate raccolto tutte le carte esistenti, sappiate che quello che avrete davanti è parecchio cambiato, soprattutto dopo l'ultimo, chiacchierato, aggiornamento di GWENT chiamato Homecoming che effettivamente sembra semplificare le regole.

Il campo di battaglia, ridotto solo a due file, annulla la differenziazione delle carte nelle classi Prima linea, Distanza e Assedio degradando completamente questa meccanica, e dando importanza cruciale alla strategia e all'ordine con cui si effettuano le mosse. Pur mantenendo la base a tre turni, in cui vince il round chi accumula più punti con le carte presenti sul campo di battaglia, spesso saranno proposte regole speciali o, addirittura, modi di giocare totalmente inediti. Nei puzzle, ad esempio, avrete a disposizione solo un numero limitato di carte per raggiungere l'obiettivo e sarete costretti ad affinare la strategia attraverso numerosi trial and error.
Come dicevamo, non mancano alcune piccolissime meccaniche da gioco di ruolo, come la raccolta di monete d'oro e legname, utili a gestire e migliorare il proprio accampamento tramite i potenziamenti delle varie tende e a risolvere le numerose situazioni che affronteremo durante le nostre lunghe camminate, o la presenza di numerosi oggetti nascosti, come i bauli con all'interno ricompense speciali e, in aggiunta, la possibilità di fare delle scelte e decidere se mantenere la calma o agire di impulso, senza però modificare il corso della storia principale. Risulta quindi eccessivo e inappropriato parlare di gioco di ruolo e anche di open world, dal momento che le mappe di gioco tendono a essere piuttosto lineari.
