The Division 2 - recensione
Il panorama dei looter shooter di questi tempi è decisamente affollato. I giochi dai contenuti dinamici che cambiano nel tempo ed evolvono il loro mondo e la loro formula tra una patch e l'altra, hanno fatto breccia nel cuore di noi appassionati, desiderosi di vivere storie emozionante coi nostri amici, affamati di loot sempre più rari e pronti a sconfiggere nemici sempre più importanti nel corso degli anni che ci separeranno dal prossimo capitolo.
Questo genere di giochi, però, richiede un supporto nel tempo che può sfiancare lo sviluppatore e diventare alla lunga insostenibile. I giocatori richiedono costantemente più armi, più missioni e un end-game che regali continue soddisfazioni. Sotto questi colpi è caduto il primo The Division, shooter in terza persona di Ubisoft con elementi MMORPG, capitolato sotto il peso di un end-game poco longevo e accattivante.
La componente RPG, inoltre, si è rivelata poco profonda e la scelta di dare ai personaggi statistiche di base uguali per tutti, da variare solo in seguito tramite l'equipaggiamento, ha reso l'azione più piatta e ripetitiva del voluto.
