World War Z - recensione
Era il 1968 quando George Romero lanciava il tema dell'apocalisse zombie con "La notte dei morti viventi", un film spietato dotato di un fortissima critica sociale perfettamente integrata nei meccanismi del genere horror e arricchita da qualche momento squisitamente sopra le righe. Una pietra miliare che ha dato il via a un'epidemia inarrestabile. Da quel momento, infatti, in molti si sono cimentati con questo tema, arrivando gradualmente a fare capolino anche su altri media.
A spianare la strada dell'invasione zombie nei videogame è stato Shinji Mikami, che nel 1996 si è immerso completamente nelle atmosfere dei film di Romero per dar vita al primo Resident Evil. Da quel momento i non morti sono sbarcati sul medium videoludico con un successo straordinario, dando vita ad un mare magnum di titoli, più o meno interessanti, che si sono susseguiti col passare degli anni.
La letteratura non è stata esente da questa epidemia, "World War Z La Guerra Mondiale degli Zombie" di Max Brooks del 2006 è un chiaro esempio di quanto la saga degli zombie di Romero sia diventata un vero e proprio archetipo narrativo da poter usare per declinare le storie più disparate, con gli stili più diversi. Ed è proprio la storia di Brooks che nel 2013 è diventato un film di successo, girato da Marc Forster, con protagonista Brad Pitt.

Time Paradox
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