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Luci e Ombre dietro lo sviluppo di Kingdom Hearts III - articolo

Quella di Kingdom Hearts è una saga ormai considerata alla stregua di una piccola religione: milioni di giocatori sono cresciuti assieme a Sora, Pippo e Paperino nel cuore di un universo misterioso e al tempo stesso rassicurante, un costrutto narrativo capace di non allentare mai la presa sul suo pubblico, a prescindere dall'età anagrafica degli appassionati.



La serie emana da sempre una sorta di magia benefica, un fascino magnetico irresistibile per coloro che vi si imbatterono per la prima volta nel 2002, fossero essi in cerca dei propri beniamini di Final Fantasy o dell'atmosfera tipica dei mondi Disney, trasformando il secondo progetto creativo di Tetsuya Nomura in un vero e proprio kolossal. Recentemente abbiamo assistito alla chiusura del primo grande ciclo dell'opera, ovvero la saga del "Dark Seeker", avvenuta attraverso un "loose end" capace di riportare l'intero battaglione dei fan nel cuore di quella piccola Isola che non c'è.



L'eredità di Kingdom Hearts ha ormai raggiunto proporzioni fuori scala: la proprietà intellettuale, nel corso degli anni, si è declinata lungo decine di sistemi differenti ampliando considerevolmente l'universo narrativo, eppure il terzo capitolo "canonico", anche se sarebbe meglio definirlo "numerato", risultava assente ingiustificato da tanto, tantissimo tempo.



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17 maggio 2019 alle 17:10