Dauntless - recensione
Nel panorama videoludico è consuetudine vedere il modello di un gioco a prezzo pieno, peculiare per innovazione del genere e popolarità, ripreso e plagiato dall'onnipresente free-to-play, usato per riproporre la stessa formula in chiave più fruibile. Gli esempi possono essere tanti, passando da Paladins, lo stesso Fortnite, sino ad arrivare al titolo di oggi: Dauntless. Pronti per risfoderare il cacciatore di mostri che è in voi?
Non a caso, è Monster Hunter World, ultima uscita della saga Capcom, ad avere ispirato interamente questa nuovo produzione di casa Phoenix Labs, per la battaglia al miglior hunting-rpg game in commercio. Il contesto scelto per ambientare le nostre cacce si rivela subito evocativo: le Isole Frantumate comprendono un insieme di ammassi rocciosi fluttuanti, caratterizzati da una moltitudine di biomi, tra fauna e flora uniche, e da Ramsgate, centro portuale per le aeronavi girovaghe e ritrovo per i Slayer, i cacciatori di mostri. Ciò che rende uniche queste isole e che giustifica la presenza degli slayer è la Aetherite, risorsa primaria per la città e motivo di invasione da parte dei Behemoth. L'idea di fornire una lore narrativa, materia atipica per questo genere, è un'aggiunta gradita e, grazie a ciò, anche l'introduzione di nuove missioni e bestie risulta più varia e non troppo monotona.
E in queste lande desolate, saranno i Behemoth a farla da padrona. Le missioni di caccia e di farming sono le uniche attività disponibili attualmente, variando unicamente per la sfida che ogni bestione riesce ad offrire. Ogni mostro vanta un suo pattern di mosse e movimenti, creando così un approccio dinamico e sempre nuovo alle partite, strizzando l'occhio anche al gioco di squadra, grazie alla possibilità di creare party da 4 giocatori. La difficoltà delle bestie che affronteremo sarà classificata in base al nostro livello d'equipaggiamento, che dunque gioca un ruolo fondamentale per la riuscita della caccia. Il più grande merito della produzione è certamente l'assenza di oggetti pay-to-win e microtransazioni che avrebbero minato la stabilità del matchmaking casuale, ma anzi quelle presenti si limitano ad oggetti estetici e poco altro.
