Dragon Quest XI S: Echi di un'era perduta - Edizione definitiva - recensione
Quando poco più di un anno fa recensimmo Dragon Quest XI lo definimmo "un gioco che prende il meglio dai precedenti capitoli e lo inserisce in un contesto esteticamente meraviglioso e curatissimo" e ci rammaricammo della mancata pubblicazione su Switch. Ora che la versione definitiva di quel capolavoro è arrivata anche sulla console Nintendo ci poniamo una domanda: il JRPG perfetto esiste? La risposta più semplice è "no" perché la perfezione è un concetto astratto, un obiettivo a cui si deve puntare ma che al tempo stesso deve rimanere irraggiungibile.
Dragon Quest XI si avvicinava molto all'eccellenza assoluta. Quel 9 profumava molto di 9.5, una cifra che chi segue Eurogamer.it sa non essere permessa in quanto i mezzi voti non esistono. Sarà riuscita questa Definitive Edition a colmare quel piccolo-grande divario per raggiungere l'agognata e rarissima doppia cifra? Se avete già sbirciato a fondo pagina la risposta ve la siete data da soli, ma è ovviamente nostro compito spiegarvi perché quel maledetto 10 non è arrivato neanche stavolta. Prima però è opportuno un piccolo ripasso.
Dragon Quest IX è, come da tradizione per la serie, un gioco indipendente dagli episodi venuti prima di lui. Racconta una vicenda totalmente nuova che vede al centro della scena il Lucente, un bambino nato con un prezioso dono e cresciuto con la maledizione di portarselo dietro. Questa premessa, a dire la verità abbastanza comune nei JRPG, serve a dare il via ad una storia che nell'arco di qualche ora vedrà allargarsi notevolmente il cast di protagonisti, che sarà affiancato da una miriade di comprimari e creature come sempre ideate e tratteggiate dall'inconfondibile stile di Akira "DB" Toriyama.
