Music Racer – Recensione
Di solito approfittiamo del cappello introduttivo di una recensione per dare una panoramica del gioco, magari qualche cenno storico sul suo sviluppo o sulla storia della saga a cui appartiene e una prima idea del giudizio che andrete a scoprire. Nel caso di Music Racer dedichiamo questo spazio a chiedervi di arrivare in fondo alla lettura della recensione, anche se sarà evidente fin dalle primissime righe che il gioco non ci è piaciuto per niente. Non è colpa nostra, non siamo schizzinosi: è proprio brutto!
Ma due righe per spiegare?
I titoli pubblicati da Sometimes You su PlayStation non si distinguono quasi mai per caratteristiche quali trama, longevità, performance tecniche e difficoltà. Se a questo andiamo ad aggiungere il fatto che ci troviamo di fronte a un gioco di corse in salsa musicale (o forse è un rhythm game in salsa racing?) va da sé che non si possa pretendere una grande cura delle fasi introduttive. Ecco, diciamo che se Music Racer fosse un hotel, alla reception non trovereste nessuno a salutarvi, ma un semplice mazzo di chiavi che vi aspetta senza nessuna indicazione di dove sia la vostra stanza.
Uscendo dalla metafora, non possiamo che registrare come il gioco ci porti subito in una schermata di selezione in cui prendere l'automobile che preferiamo, eventualmente modificarne i colori, per poi scegliere un livello e un brano da una lista e aspettare di capire che cosa si pretenda da noi. Ma il tutto prende il via senza che esistano istruzioni di sorta, né scritte né interattive come in un vero e proprio tutorial, con il risultato che in più di un'occasione ci siamo chiesti se il gioco non ci piacesse perché non ne comprendevamo alcuni meccanismi. Piccolo spoiler: non era così.
Sinistra, centro, destra
Se dovessimo descrivere il gameplay di Music Racer con la maggior semplicità possibile, non potremmo che fare riferimento ai videogiochi portatili con schermo LCD degli anni Ottanta, quelli nei quali un gioco di corse era reso con una piccola auto stilizzata che poteva assumere tre posizioni a schermo per spostarsi sulla strada e simulare le curve. Nel titolo di AbstractArt la grafica si è evoluta, non lo neghiamo, ma di base dovremo fare la stessa cosa: spostarci tra tre o cinque corsie predefinite di strade ambientate in diverse location.

Per godervi il titolo potete anche dimenticare di avere una mano destra. E' sufficiente infatti usare l'altra per premere la croce direzionale o spostare la levetta analogica e sviscerare tutte le possibilità offerte dal gioco. Il cui scopo, e qui veniamo al sodo, è percorrere lunghi tracciati luminosi e psichedelici sulle note di brani di musica elettronica/dance, raccogliendo segnalini bianchi (“beats”) che garantiscono punti ed evitando sporadici ostacoli che ne tolgono.
Un rhythm game senza ritmo
Non c'è altro. Vorremmo poter dire che, a dispetto di un'impostazione apparentemente semplice, Music Racer sa coinvolgere mettendo alla prova il nostro senso del ritmo, ma non è quello che accade. Sebbene ci fossimo aspettati un simil-Guitar Hero in salsa racing, nel quale essere noi stessi creatori della musica in base alla nostra performance, ci siamo invece scontrati con la verità di un titolo banale nel quale la musica procede senza intoppi sia che raccogliamo i segnalini, sia che sbagliamo tutto, rendendo il nostro contributo inutile.
La sensazione che si ricava dal gameplay è quella di un'ingiustificata perdita di tempo, di un riempitivo per le nostre mani e la nostra mente mentre brani che non conosciamo e che hanno giusto un minimo di appeal per gli amanti del genere vengono riprodotti da un music player. Ogni segnalino raccolto ci conferisce due punti, ogni ostacolo colpito abbassa il volume per un secondo e ci toglie venti punti, ma non si capisce quale sia il vero motivo per cui dobbiamo impegnarci.

MastroN64
Un vero peccato