Final Fantasy IX compie 20 anni - articolo
Final Fantasy IX è la somma di ciò che ha definito le fantasie finali durante gli anni '90. Per prima cosa, si tratta di un mix contemporaneo di temi e archetipi del Fantasy: ecco quindi regni in conflitto, biblioteche misteriose, vulcani antichi, draghi, principesse, ladri, notti eterne e regine malvagie. Nulla di così basilare come può sembrare a prima vista: i maghi neri, per esempio, sono armi costruite sfruttando la magia di una misteriosa nebbia. Le guardie reali sono goffi soldati nel posto sbagliato al momento sbagliato, un po' come nel Ciclo delle Guardie di Terry Pratchett. I ladri sono, in fondo, i nostri più cari alleati.
In secondo luogo, FFIX è un incrocio tra cultura occidentale (mediata da Dungeons & Dragons) e cultura nipponica, fatta di religiosità, grande teatralità e confronto diretto con concetti esistenziali. La vita, la memoria, la paura della morte e l'entropia, sono i protagonisti tematici dell'opera. Kuja, villain sofferente, a tratti è così confuso dall'horror vacui da colpirsi da solo. Eppure, come raccontano gli sviluppatori nel documentario Inside Final Fantasy, Final Fantasy IX è un inno alla vita: l'oscurità delle vicende è sostenuta da una gioia di fondo, una luminosità anche grafica. Sakaguchi ha voluto creare un mondo "divertente".
Infine, come del resto l'intera saga, FFIX sperimenta con i sotto-generi della fantascienza, in cerca di sintesi avvincenti. Troviamo insieme castelli capovolti e artefatti high-fantasy, veicoli steampunk, città che sembrano uscite da un romanzo di Dickens e inquietanti scenari cosmici. Uno dei world building più densi mai visti in un JRPG. Hironobu Sakaguchi, inoltre, voleva distanziarsi dai toni dei titoli precedenti: era in cerca di ritmi più avventurosi, action, con fughe rocambolesche, esplosioni e salvataggi dell'ultimo secondo. Ci si trova quindi immersi in una storia che, come il Princess Bride di Rob Reiner, non lascia mai la presa sullo spettatore.
