Superhot: Mind Control Delete - recensione
Se c'è una cosa che è risaputa nel settore dei videogiochi è che l'intero ecosistema necessiterebbe di una maggiore propensione al rischio a livello di creatività. L'utilizzo di IP dai nomi altisonanti e dalle vendite pressoché garantite è infatti una tentazione troppo forte per la maggior parte dei publisher alla ricerca di bilanci positivi. E così ci ritroviamo proposti, ogni anno, una marea di seguiti da cui sappiamo esattamente cosa aspettarci e da cui, anche i publisher, sanno cosa attendersi in termini di vendite e ricezione del pubblico, a meno di fallimenti clamorosi.
Da sempre il controcanto a questa preoccupante tendenza è il mondo indie. Da qui arrivano le idee più coraggiose che innovano e che poi, temperate dal filtro inesorabile del successo, fanno progredire i vari generi. Nel 2016 SuperHot Team rilasciava Superhot, un gioco a metà tra l'FPS e il puzzle game che reinventava la classica meccanica degli shooter in prima persona soggiogando l'intero sistema di gioco allo scorrimento del tempo.
Il concetto era abbastanza semplice, proponendo brevi livelli in cui sparatorie furiose si sviluppavano esclusivamente quando il giocatore si muoveva e/o sparava. I livelli erano interamente scriptati, e questo si traduceva in una sorta di balletto da ripetere all'infinito fino a quando le nostre mosse, limate e corrette nei tentativi continui, non portavano all'eliminazione di tutti i nemici sullo schermo.

MastroN64
Davvero molto carino come titolo. Mi ha ricordato per certi versi Killer 7