Chernobylite – Recensione
La tragedia di Chernobyl, la catastrofe nucleare, è forse l'evento più tragico della storia recente. Documentari, film e serie TV ancora oggi trattano della tragedia, e ancora oggi si cerca di scoprire tutti i dettagli e i retroscena dietro la fusione. Ai media di sopra, con Chernobylite, si aggiungono anche i videogiochi: il lavoro di The Farm 51 ci fa infatti rivivere Chernobyl nei panni di chi ha perso tutto a seguito di quei terribili momenti.
Con l'ottica di non farci la morale né spingerci ad approfondire le vicende realmente accadute, Chernobylite adotta una visione più egoista mettendoci nei panni di Igor, intento a ritrovare la sua fidanzata.
Di ritorno nella Zona di Alienazione
La catastrofe di Chernobyl ha cambiato la vita di più di trecentomila persone, e Igor è una di queste. Il brillante professore di Pripyat ha infatti perso ciò a cui più teneva, la sua fidanzata Tatyana. Sfuggito alle radiazioni, ma tormentato dal passato e dal fantasma della sua amata, Igor decide di fare marcia indietro ed esplorare l'ormai abbandonata – o quasi – Zona di Alienazione. Non prima di aver inventato dei gadget utili per sopravvivere all'ambiente ostile e trovare ciò che cerca.
La trama di Chernobylite essenzialmente si ferma qui, ma è condita da un buon ritmo narrativo e da personaggi molto intriganti al punto da rendere il contorno il vero piatto forte della produzione. Le scelte narrative da poter compiere sono tantissime, i dialoghi si diramano in maniera eccellente e senza mai far risultare l'esperienza troppo dispersiva. Sotto questo aspetto persino la morte di Igor può aprirci a tanti nuovi scenari, ma preferiamo non scendere nei dettagli in questa sede.
L'atmosfera è perennemente cupa e con piccole tinte di horror: nulla che faccia effettivamente paura, quasi nessun jumpscare, tranquilli, ma si va invece a scavare più sulla psiche del protagonista e sulle sue inquietanti visioni. Se saremo abbastanza attenti al mondo di gioco, durante il compimento di una missione qualsiasi, vedremo cose che non esistono; cose e persone in lontananza solitamente innocui, ma che ci faranno sinceramente balzare dalla sedia. Abbiamo apprezzato la componente narrativa e il suo setting fantascientifico (per dire, nei primi minuti di gioco Igor svilupperà letteralmente una spara porte), e nonostante funzioni come si deve, forse avremmo preferito che la vicenda si svolgesse in un universo “reale” e non paranormale. Ma si tratta solo di gusti personali.

Il colpo dell'apocalisse
Il setting inquietantemente affascinante e la storia, però, fanno solo da quadro al gameplay. Chernobylite è strutturato come un FPS misto a un GdR con una componente survival leggera, ma efficace. Nel mezzo delle nostre spedizioni andremo a caccia di oggetti da raccogliere, riciclare e riutilizzare, i quali possono essere componenti elettronici, metalli e altri materiali, combustibili, erbe e razioni di cibo.
Ogni oggetto raccolto può determinare il compimento di una missione, più in maniera indiretta che diretta. Raccogliendo i materiali necessari si potranno fabbricare e sviluppare tutti i comfort necessari per tenere alta la salute, la psiche e la morale dei nostri compagni. Fabbricare un letto comodo influisce sulla percentuale di efficacia dei personaggi, così come dar loro una TV e costruire qualche parete per creare un po' di privacy mantiene alto il morale.
In caso contrario, i compagni potrebbero morire in missione o lasciare definitivamente il gruppo: tutto può succedere, specialmente se dovessimo tenerci il pane tutto per noi. Alla termine di ogni missione si chiude una giornata, e alla fine di questa dovremo decidere come razionare il cibo di cui disponiamo, e darne il giusto in base ai contesti sarà la chiave per tenere saldo il gruppo, bilanciando esuberi e carenze.
Fallout: New Russia
Sfortunatamente è nel gioco giocato che Chernobylite mostra un po' il fianco. L'esplorazione delle macro aree è coinvolgente e stare dietro agli oggetti da acciuffare è sempre una goduria, ma il lato tecnico della produzione lascia a desiderare. Sin dal tutorial i movimenti di Igor sono lenti da dar fastidio e la telecamera ha una sensibilità troppo ridotta; a questo si può naturalmente ovviare dalle opzioni, ma il feeling di input lag resta. Lo shooting è poco preciso e instabile e l'intelligenza artificiale deficitaria sotto ogni aspetto.
I soldati nemici e i mostri difficilmente si muovono in branco e sono soliti seguire gli stessi pattern di movimenti anche se sono in allerta, ma il più grande difetto è senz'altro la ripetitività del tutto. Le mappe sono davvero poche, le macro aree sono relativamente piccole e per completarle basta andare dal punto A al punto B. La ridondanza del gioco tenta di mascherarsi grazie a un buon sistema di level up, che regala un punto abilità da sbloccare alla base dietro un addestramento. La sensazione di crescita c'è ed è palpabile, ma ciononostante alla lunga si ha la sensazione di star facendo le stesse cose ancora e ancora.
L'elemento che più ha messo a dura prova la nostra pazienza, però, è il frame rate. Abbiamo provato Chernobylite su PlayStation 4 standard e PC, sfortunatamente impossibilitati a provarlo su altre piattaforme, e tanto ci è bastato per capire quanto i due mondi siano paralleli. Su PC, con un setup abbastanza buono, il gioco raggiunge fluidamente i 60 fps, su PlayStation 4 invece è l'esatto opposto. I cali perpetui di frame rate, la sensazione “scivolosa” dei movimenti di Igor e gli autosalvataggi continui (che bloccano il gioco per qualche secondo) hanno reso su console l'esperienza al limite del frustrante. Si spera che la versione PlayStation 5, in arrivo prossimamente, riesca a risolvere questi difetti.

Chernobyl: bella da far paura
Si torna sugli elogi parlando del comparto grafico di Chernobylite. Questo non è sicuramente all'avanguardia, i modelli dei personaggi sono basilari e la qualità delle texture non fa certo gridare al miracolo, ma la chicca sta nel level design e nell'ambientazione in generale. Anche se leggermente dispersive, le macro aree ci hanno dato una sensazione à la The Last of Us, con tante cianfrusaglie sparse qua e là ed edifici vuoti e devastati che anche se esplorati da cima a fondo non regalano nulla al giocatore; una giusta sensazione di apocalisse, non è detto che ovunque si vada ci si debba trovare qualcosa di utile.
Azzeccata anche la scelta di inserire un filtro video grunge, un po' come già sperimentato in The Last of Us Parte II, che contribuisce a dare quel senso di “sporcizia” che ben calza con il contesto. Non c'è molto da aggiungere per quanto riguarda il comparto audio. Nulla di impressionante sul fronte degli effetti sonori, e nonostante aiuti nell'immedesimazione, il doppiaggio in russo è poco convincente rispetto a quello in lingua inglese. Buona la traduzione in italiano in generale, l'adattamento spesso è troppo marcato – come il nome Grace che viene tradotto in Grazia a più riprese.
Trofeisticamente parlando: una passeggiata nelle radiazioni
Il trofeo di Platino di Chernobylite è un piacevole rettilineo guidato. Quasi tutte le trentaquattro coppe sono legate alla storia, pertanto è impossibile mancarle, e gli unici trofei potenzialmente missabili riguardano il reclutamento dei quattro personaggi. Questi, però, comunque ci si presenteranno davanti. Mancare il trofeo legato al singolo significherebbe decidere di spontanea volontà di non accoglierlo nel nostro gruppo, scelta che anche se sbagliata potremmo ripetere una volta morti e tornati indietro nel tempo. Si consiglia anche di cercare di essere buoni con tutti gli NPC incontrati: in breve, risparmiate tutti. In poco più di una ventina di ore, seguendo storia e dialoghi, il trofeo di Platino dovrebbe arrivare da solo in questo modo.
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I videogiochi sono anche e soprattutto divertimento e cultura al tempo stesso.