Ludomedia è il social network per chi ama i videogiochi. Iscriviti per scoprire un nuovo modo di vivere la tua passione.

Scars Above – Recensione

Non entrato per un soffio nei 5 giochi PlayStation da non perdere a febbraio, Scars Above ci aveva incuriosito per diversi motivi. Vuoi l'ambientazione fantascientifica, vuoi le meccaniche a metà tra uno sparatutto in terza persona e un soulslike, il titolo di Mad Head Games sembrava poter essere una piacevole sorpresa. Sembrava, appunto. Scars Above è una produzione così ambiziosa che, purtroppo, è finita per fare il proverbiale passo più lungo della gamba. Il perché ve lo raccontiamo nella nostra recensione.



Di cosa parla Scars Above?



La narrazione di Scars Above parte subito in medias res, con la protagonista Kate Ward nel bel mezzo di un'importante missione spaziale. Nell'orbita terrestre è infatti apparso il Metaedro, una misteriosa ed enorme struttura aliena. Kate e gli altri membri dell'equipaggio hanno quindi il compito di avvicinarsi a questo oggetto non identificato e capire cosa c'è al suo interno. La missione, come potrete immaginare, ha risvolti disastrosi: giunta nei pressi del Metaedro, la squadra viene trasportata in un misterioso esopianeta in un punto non meglio definito dello spazio. Kate sopravvive, ma è lontana dall'equipaggio e dispersa in un luogo popolato da creature ostili.



Ma non è tutto: la protagonista entra a contatto con l'ologramma di un'altra forma di vita evoluta che, apparentemente, prova a guidarla verso la salvezza. Durante l'avventura proveremo a riunirci al team, capire cos'è il Metaedro e perché ci ha portato su questo pianeta, scoprire se l'umanità è minacciata e tornare sani e salvi a casa. Tutta la storia è evidentemente contaminata da altre produzioni, videoludiche e non, a tema fantascientifico ma questo non è necessariamente un difetto. Scars Above riesce comunque a conservare la sua identità, proponendo una trama che incuriosisce dall'inizio alla fine.



Discorso diverso, invece, per i protagonisti dell'avventura. Kate Ward passa la maggior parte del tempo sola, impegnata a sopravvivere più che a parlare o a far venir fuori la sua personalità. Lo stesso vale per gli altri membri dell'equipaggio e delle altre figure che incontreremo, di cui però non vi anticipiamo nulla. La durata di circa 6-7 ore non aiuta di certo, ma questo cast difficilmente rimarrà nei vostri cuori, nonostante una trama interessante.



https://i0.wp.com/www.playstationbit.com/wp-content/uploads/2023/03/Scars_Above_001-1.jpg?resize=696%2C392&ssl=1



Com'è il gameplay di Scars Above?



Come anticipavamo in apertura, Scars Above unisce più generi: si definisce principalmente uno sparatutto, ma ha elementi soulslike, survival, enigmi ambientali e addirittura fasi investigative. Un mix così ambizioso che, purtroppo, finisce per deludere in più occasioni. Ma andiamo con ordine. Per gran parte dell'avventura saremo ingaggiati in combattimenti con creature aliene mostruose, con punti deboli specifici. Il nostro equipaggiamento sarà infatti sempre più vario, con il passare delle ore, permettendoci di colpire i nemici dove più soffrono combinando le nostre armi elementali e sfruttando lo scenario stesso. Ogni combattimento è quindi diverso dall'altro e molto impegnativo fin da subito, salvo poi diventare più semplice dopo l'arricchimento del nostro arsenale. Sarà poi fondamentale gestire al meglio la resistenza della protagonista, per correre e schivare al meglio le offensive nemiche.



Arriva qui la nostra prima grande perplessità. Scars Above, soprattutto nella prima parte di gioco, non ci è sembrato ben strutturato né per level design, né per game design. La difficoltà è troppo alta senza alcun motivo e c'è un'insensata disposizione delle risorse. Spesso il gioco ci riempie di munizioni per armi inefficaci con i nemici da affrontare o appena affrontati, tanto da sembrare una presa in giro. Anche l'esplorazione non è particolarmente soddisfacente, con corridoi arricchiti da qualche piccola deviazione.



Le boss fight, in alcuni casi, fanno clamorosamente cilecca, vista la prevedibilità del pattern di movimenti degli avversari e la lentezza dell'azione. Non ci ha convinto molto anche la disposizione dei checkpoint, non sempre pensati benissimo a nostro parere: a volte troppo distanti, a volte troppo vicini tra loro. Una serie di elementi che rendono il gioco molto frustrante, anche a difficoltà media, soprattutto nella prima parte dell'avventura. Dopo aver trovato un po' di gadget e acquisito nuove abilità, Scars Above riesce a ritrovare un certo equilibrio e finalmente diverte, ma il danno è ormai già fatto.




Tecnologia umana e aliena



I tanti problemi strutturali impediscono di godere dei pregi Scars Above. Gadget e abilità, a cui accennavamo qualche riga fa, sono divertenti da utilizzare ed efficaci a seconda delle occasioni in cui ci ritroveremo. Anziché ricorrere alla forza bruta, potremo infatti ingannare le ostili, ma non furbissime, creature aliene: potremo ad esempio rompere il ghiaccio sotto i piedi dei mostri con la nostra arma con proiettili di fuoco o lanciare un nostro ologramma, facendo abbassare la guardia ai nostri avversari. Raccogliendo collezionabili acquisiremo poi punti abilità, grazie ai quali potenziare le capacità di Kate.



Ma dove sono gli elementi soulslike? Ricordate i checkpoint di cui parlavamo prima? Ecco. Dei misteriosi blocchi neri sospesi in aria fungeranno da “falò” alla Dark Souls: un luogo in cui ricaricare le risorse e da cui ripartire in caso di morte. Il prezzo da pagare per questi benefit è quello di far riapparire tutte le creature precedentemente abbattute. Una componente tutto sommato inutile però, vista l'assenza quasi totale di backtracking e l'impossibilità di spostarsi con viaggi rapidi tra i punti di salvataggio. Promuoviamo invece a pieni voti le fasi in cui dovremo risolvere enigmi ambientali o esaminare vari elementi dello scenario con una sorta di “modalità detective”. Scars Above, lo avrete ormai capito, vive purtroppo di alti e bassi, non riuscendo sempre ad amalgamare al meglio tutte le sue caratteristiche.



https://i0.wp.com/www.playstationbit.com/wp-content/uploads/2023/03/Scars_Above_003.jpg?resize=696%2C392&ssl=1



Tecnicamente poco convincente



Il comparto tecnico è forse quello in cui più soffre Scars Above. Nessun disastro, sia chiaro, non ci sono problemi di stabilità o legati a bug e malfunzionamenti. Allo stesso tempo però, tutto sembra molto indietro rispetto alla tecnologia attuale, soprattutto se lo giocate su PlayStation 5. Le impressioni sono subito negative con modelli di personaggi e creature non proprio curatissimi e animazioni molto legnose (problema che influisce non poco anche sul gameplay, sempre un po' ingessato nei movimenti). La conferma definitiva però arriva quando si comincia ad esplorare: le ambientazioni, oltre ad essere un po' spente e piatte nei colori e nelle luci, non sempre si dimostrano originali nell'estetica e nella struttura.



Il comparto audio è senza infamia e senza lode, con buone tracce d'accompagnamento e un doppiaggio così buono da andare spesso a cozzare con la poca espressività dei personaggi. Da segnalare, infine, l'ottima localizzazione in italiano di sottotitoli e menu di gioco.



Il Platino di Scars Above



I 46 trofei di Scars Above sono tutt'altro che impossibili da conquistare. Partiamo dal presupposto che non c'è nessun trofeo legato alla difficoltà, ottima notizia per noi platinatori seriali. Il resto degli obiettivi è legato ai collezionabili, c'è tantissimo di sbloccabile solo proseguendo con la storia e qualche semplice trofeo che richiede l'utilizzo di armi in particolari situazioni. Un Platino che vi porterà via una decina d'ore e pochi sforzi, nonostante i trofei siano quasi tutti mancabili e non ci sia una selezione capitoli, di cui potete scoprire di più nel nostro elenco trofei.




L'articolo Scars Above – Recensione proviene da PlayStationBit 5.0.

Continua la lettura su www.playstationbit.com

6 marzo 2023 alle 17:10

 

Peccato, devo dire che vista qualche immagine mi aveva ricordato Returnal e speravo fosse un prodotto un po' più rifinito perché mi ispirava.