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Vlad Circus: Curse of Asmodeus – Recensione

Nel panorama indie dell'horror psicologico, Vlad Circus: Curse of Asmodeus si staglia come un'opera disturbante e ambiziosa, capace di fondere pixel art, narrativa gotica e meccaniche d'avventura in un viaggio che è più mentale che fisico. Sviluppato da Indiesruption e pubblicato da Blowfish Studios, il gioco arriva su PS5 come prequel/sequel di Descend Into Madness, ma si presenta con una struttura narrativa autonoma e una nuova prospettiva: quella di Josef Petrescu, fratello del Vlad del titolo, condannato alla sedia elettrica e marchiato come portatore del demone Asmodeus. Il risultato è un'esperienza che non cerca di spaventare con jumpscare, ma di insinuarsi lentamente sotto la pelle del giocatore, come un parassita che si nutre di memoria e colpa.



Quando il circo diventa confessionale



La storia di Curse of Asmodeus si apre con Josef Petrescu che sopravvive miracolosamente all'esecuzione capitale, ma ne esce sfigurato, muto e privo di memoria. Il suo risveglio avviene in un luogo che sembra un incubo: un carcere sotterraneo gestito da fanatici religiosi, dove si compiono esperimenti su corpi e anime. Attraverso specchi disseminati nel dungeon, Josef può accedere a frammenti del suo passato, rivivendo momenti chiave che lo condurranno alla verità sul circo Vlad, sul demone Asmodeus e su se stesso.



La narrazione si sviluppa su due piani temporali: il presente, fatto di esplorazione e orrore tangibile, e il passato, evocato attraverso visioni e ricordi. Il gioco non offre una trama lineare, ma una ricostruzione graduale, quasi diaristica, dove ogni incontro e ogni oggetto raccolto aggiunge un tassello al mosaico della follia. Il tema centrale è la distruzione dell'identità: Josef è un uomo spezzato, e il demone Asmodeus diventa metafora di un male che si annida nella mente, alimentato da superstizione e fanatismo.



La città di San Reno, teatro degli eventi, è popolata da personaggi ambigui e creature deformi, simboli viventi di un mondo in cui la fede è diventata strumento di tortura. Il gioco non risparmia critiche all'organizzazione religiosa, dipingendola come una forza che manipola, punisce e infetta. In questo senso, Curse of Asmodeus è più vicino a un racconto di Lovecraft che a un horror tradizionale: il male non è solo esterno, ma interno, e la salvezza è un concetto relativo.



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Avventura, enigmi e introspezione



Dal punto di vista ludico, Vlad Circus: Curse of Asmodeus si presenta come un'avventura grafica con elementi puzzle e una forte componente narrativa. Il giocatore guida Josef attraverso ambienti claustrofobici, risolvendo enigmi ambientali, raccogliendo oggetti e leggendo documenti che svelano retroscena inquietanti. Non ci sono combattimenti nel senso tradizionale: l'interazione con il mondo è più cerebrale che fisica, e il pericolo deriva dalla tensione psicologica piuttosto che da nemici da affrontare.



Una delle meccaniche più interessanti è quella degli specchi, che fungono da portali temporali. Attraversandoli, Josef rivive momenti del suo passato, e queste sequenze sono spesso accompagnate da puzzle narrativi che richiedono attenzione e deduzione. Il sistema di stress, presente nel primo capitolo, è stato semplificato, rendendo l'esperienza meno punitiva ma anche meno intensa. L'assenza di salvataggi manuali può risultare frustrante, ma il sistema di auto salvataggio è sufficientemente affidabile.



Il ritmo del gioco è lento, volutamente contemplativo. Non è pensato per chi cerca adrenalina, ma per chi ama scavare nella psicologia dei personaggi e nell'architettura del dolore. Alcuni enigmi possono risultare ripetitivi, e la mancanza di varietà nelle interazioni può pesare sul lungo periodo, ma la forza del titolo risiede nella sua atmosfera e nella coerenza tematica.



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Pixel art che inquieta



Visivamente, Curse of Asmodeus è una dimostrazione di come la pixel art possa essere usata non solo per evocare nostalgia, ma per costruire mondi disturbanti e profondamente espressivi. Ogni ambiente è curato nei minimi dettagli: corridoi bui, celle sporche, laboratori pieni di strumenti di tortura, tutti resi con una palette cromatica cupa e un'illuminazione dinamica che amplifica il senso di oppressione.



Le animazioni sono essenziali ma efficaci, e il design dei personaggi riflette la loro condizione mentale e fisica. Josef, con il volto sfigurato e il corpo claudicante, è un protagonista che comunica più con la sua presenza che con le parole. Le creature che popolano San Reno sembrano uscite da un incubo gotico, e il gioco riesce a trasmettere disagio anche nei momenti di apparente quiete.



Il lavoro artistico non cerca il realismo, ma l'impatto emotivo. Ogni stanza è un microcosmo di dolore, ogni specchio una ferita aperta. Il gioco non ha bisogno di effetti speciali per colpire: basta una torcia tremolante o un'ombra che si muove fuori campo per creare tensione. In questo senso, Curse of Asmodeus è un trionfo di stile e coerenza visiva.



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Sussurri, scricchiolii e tormento



Il comparto sonoro è forse l'elemento più sottovalutato ma cruciale dell'esperienza. La colonna sonora è minimale, composta da brani ambientali che accompagnano l'esplorazione con discrezione, ma è nei suoni ambientali che il gioco dà il meglio di sé. Sussurri improvvisi, passi lontani, scricchiolii nelle catacombe, urla soffocate: ogni suono è studiato per instillare disagio.



Il sound design è immersivo e contribuisce a rendere ogni ambiente vivo e minaccioso. Anche il silenzio è usato con intelligenza: in certi momenti, l'assenza di suoni è più inquietante di qualsiasi musica. Le voci dei personaggi secondari, quando presenti, sono distorte e disturbanti, e il fatto che Josef non possa parlare aggiunge un ulteriore livello di isolamento.



Su PS5, il comparto tecnico si dimostra stabile, con caricamenti rapidi e una buona resa sonora. L'uso del feedback aptico del DualSense è limitato, ma efficace nei momenti chiave, come quando Josef attraversa uno specchio o subisce un trauma. Non è un gioco che punta alla spettacolarità, ma alla suggestione, e in questo riesce perfettamente.



Un viaggio nella follia da completare



Per i cacciatori di trofei, Vlad Circus: Curse of Asmodeus offre una lista compatta ma significativa: 14 trofei totali, suddivisi in 1 Platino, 10 Oro e 3 Argento. La struttura premia l'esplorazione narrativa e la risoluzione degli enigmi, con obiettivi che riflettono momenti chiave della storia. Non ci sono trofei legati alla difficoltà o a speedrun, ma il gioco richiede attenzione ai dettagli e una buona dose di pazienza. La mancanza di salvataggi manuali può rendere alcuni obiettivi più ostici, soprattutto se si perdono eventi chiave. Tuttavia, per chi ama completare esperienze narrative al 100%, Curse of Asmodeus offre un Platino che è più una medaglia alla dedizione che alla bravura.




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50 minuti fa

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