SOMA: l'orrore esistenziale di Frictional Games - recensione
Tutti coloro che amano i survival horror avranno sentito parlare almeno una volta dei ragazzi svedesi di Frictional Games e dei loro lavori. Era il 2010 quando questo team indipendente, già conosciuto dagli appassionati più incalliti del genere per la serie di Penumbra, è diventato un vero e proprio punto di riferimento per tutti coloro che erano alla ricerca di emozioni forti e di produzioni che sapessero davvero spaventare anche i più coraggiosi.
Amnesia: The Dark Descent è diventato a tutti gli effetti un cult e un successo incredibile di critica e pubblico proponendosi come un brand di assoluto valore, tanto che l'annuncio di un secondo capitolo, Amnesia: A Machine for Pigs, fu accolto più che positivamente e con grandissimo entusiasmo. La notizia che Frictional non avrebbe sviluppato il titolo ma lo avrebbe affidato a The Chinese Room (Dear Esther, Everybody's Gone to the Rapture) lasciò, però, di sasso i tanti fan della software house e questo sequel non riuscì ad ottenere gli stessi straordinari risultati di The Dark Descent deludendo diversi appassionati del primo Amnesia.
Perché il team svedese non ha sviluppato il sequel del proprio titolo di maggior successo? Questa la domanda che affollava la mente di buona parte dei videogiocatori. La risposta è, a conti fatti, molto semplice: per lavorare su un misterioso progetto che nelle intenzioni di Thomas Grip e soci si poneva e si pone l'obiettivo di rivitalizzare l'intero genere horror. SOMA si porta, quindi, sulle spalle un fardello non da poco, quello di distinguersi da Amnesia e di dimostrarsi allo stesso tempo all'altezza della fama e delle aspettative che circondano i lavori targati Frictional Games.
