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KLAUS - recensione

I platform raramente hanno una grande storia. Mario si limita a passare da un castello a un altro inseguendo una principessa indifesa e il suo rapitore; Mega Man va avanti a eliminare vari nemici creati dal malvagio Dr. Willy, e via così. Il che non stupisce: quando sei impegnato a coordinare più dita delle mani per fare il salto perfetto necessario a infilarti in maniera sicura tra tre proiettili e due punte assassine, il tutto in movimento, non hai tempo di stare a pensare alla vita del protagonista e alle sue motivazioni filosofiche, sul perché stia facendo quello che sta facendo, o ad ascoltare ciò che ha da dirti sulla sua storia d'amore.



In KLAUS, invece, la storia gioca un ruolo fondamentale fin dal primo istante, quando il protagonista si sveglia senza ricordi, senza sapere dov'è e con KLAUS scritto sul suo braccio. Da qui in avanti inizia un viaggio che riguarderà tanto lui quanto voi, perché il suo cercare di capire chi è e cosa sta succedendo, vi coinvolgerà in prima persona visto che lui vi parlerà durante tutto il gioco, comunicandovi i suoi desideri, le sue paure, le sue speranze e le sue perplessità.



Il tutto avviene mediante scritte che s' inseriscono nel design del livello, incastrate perfettamente sullo sfondo o sotto una piattaforma. Scritte che non danno fastidio e non scompaiono mai, quindi non c'è nemmeno la fretta di leggerle: uno può concentrarsi sul passare l'ostacolo che ha davanti e solo dopo andare a vedere ciò che è apparso mentre si stava facendo un doppio salto sopra a una distesa di punte. Anche per questo gli sviluppatori hanno inserito un'utile funzione per spostare la telecamera all'interno del livello senza muovere i personaggi.

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9 febbraio 2016 alle 17:10