The Witcher 3: Blood & Wine - prova
Lo ammetto, con gli anni un po' mi sono imbolsito. Prima bastava ci fosse un aereo pronto per il decollo che ci saltavo sopra, adesso se il viaggio non è come dico io preferisco restarmene a casa. Ecco perché, normalmente, non mi sarei svegliato alle 5.30 del mattino per un inspiegabile Milano-Roma, Roma-Varsavia, con ritorno il giorno dopo. Una toccata e fuga da circa 10 ore di viaggio (tra attesa in aeroporto, voli e scali) a fronte di circa 3 ore tra gioco e intervista a Matthew Stenke, lead technical design di CD Projekt Red.
Però si dà il caso che nella capitale polacca avessi un appuntamento con The Witcher 3: Blood & Wine, la prossima espansione di uno dei giochi di ruolo più belli di tutti i tempi. E in tal caso, eccomi buttare quattro cose nello zaino e presentarmi a Linate con l'entusiasmo dello scolaretto in gita. Perché parliamo non solo del gioco che ha vinto più riconoscimenti nella storia dei videogame, ma anche di un titolo che metto nella mia personalissima Top 10 di tutti i tempi. Diversamente non ci avrei speso sopra quasi 170 ore, che a me paiono molte ma che per alcuni, ho scoperto, son pure poche.
E dunque, dopo aver giocato e finito The Witcher 3, dopo aver giocato e concluso Hearth of Stone, non potevo che interessarmi all'attesissimo Blood & Wine, DLC che come al solito vede CD Projekt Red non risparmiarsi e mettere sul piatto circa trenta nuove ore di gameplay (più di tanti titoli venduti a prezzo pieno) e una nuova area da visitare, quella Toussaint che apparentemente ricorda le terre delle fiabe.
