Ludomedia è il social network per chi ama i videogiochi. Iscriviti per scoprire un nuovo modo di vivere la tua passione.

Lumo - recensione

Quando si parla di un genere di videogiochi in molti casi si sottintende allo stesso tempo una certa visuale, una posizione della telecamera tipica e utilizzata pressoché da tutti gli sviluppatori. Si parla di shooter, per esempio, e allora si parte con terza persona, prima persona, visuale dall'alto, 2D a scorrimento e chi più ne ha più ne metta. Stesso discorso può essere fatto per la maggior parte dei macrogeneri che caratterizzano il nostro medium preferito. Spostando il focus sulla visuale vera e propria non si può negare che certe prospettive funzionino al meglio solo con generi particolari e che neanche gli sviluppatori più coraggiosi provano a lanciarsi in associazioni troppo fantasiose.



La visuale isometrica viene così normalmente associata soprattutto agli RPG, agli strategici e a qualche momentanea incursione in altre tipologie di produzioni. In passato però questa particolare posizione della telecamera era anche utilizzata con grande successo dai puzzle-platform, una combinazione che negli anni si è progressivamente persa e che oggi non viene praticamente mai proposta né dal mondo indie, né tanto meno da quello AAA. In questa nicchia praticamente defunta si inserisce però Lumo, opera prima di Triple Eh? e primo progetto da sviluppatore indipendente dell'ex cofondatore di Ruffian Games (Crackdown), Gareth Noyce.



L'obiettivo di questo titolo, disponibile su PC e PS4 (arriverà anche su Xbox One e PS Vita nel corso del mese di giugno), è chiaro: riportare in auge una tipologia di giochi che purtroppo si è persa completamente con il passare degli anni e con l'affermazione di prodotti estremamente differenti. C'è un chiaro "squilibrio", una certa ingiustizia nei confronti dei platform-adventure isometrici che Lumo vuole, una volta per tutte, sradicare.

Continua la lettura su www.eurogamer.it

30 maggio 2016 alle 16:40