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Rise of the Tomb Raider: 20 Year Celebration - recensione

Squadra che vince, non si cambia. Questo è stato il motto di Crystal Dynamics quando ha realizzato il seguito del reboot di Tomb Raider, uscito prima su Xbox One, poi su PC e finalmente approdato anche su PlayStation 4. Come già abbondantemente descritto nelle precedenti recensioni di Rise of the Tomb Raider, infatti, la nuova avventura di Lara Croft è caratterizzata dalla medesima impostazione già vista nel primo capitolo. D'altra parte stiamo parlando di una formula apprezzata dai fan, che ha saputo regalare tante ore di divertimento agli appassionati.



Dopo le vicende del primo episodio, Lara parte per un nuovo viaggio alla ricerca della Sorgente Divina, che la porterà dalle calde lande della Siria alla gelida Siberia. Il sistema di gioco è lo stesso di sempre. Lara deve esplorare ambientazioni vaste e articolate alla ricerca di oggetti con cui sopravvivere, di materie prime, di antichi reperti, di cibo e, ovviamente, di indizi relativi al suo obiettivo finale.



La struttura simile a quella dei classici Metroidvania, con un'unica ambientazione da esplorare più e più volte sfruttando le abilità acquisite nel corso dell'avventura, funziona a dovere, complice anche l'ottimo level design alla base del progetto. Crystal Dynamics ha saputo espandere quanto di buono fatto in precedenza, intervenendo con piccoli accorgimenti là dove se ne sentiva il bisogno. I movimenti di Lara sono ora più naturali e vengono dettati dal contesto. L'esploratrice reagisce in modo naturale all'ambiente circostante, concedendosi ben poche distrazioni (in genere nel bel mezzo degli scontri a fuoco, purtroppo).

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10 ottobre 2016 alle 16:10