Mafia III – Recensione
Mafia III non è un Mafia qualsiasi. La New Bordeaux che saremo chiamati a visitare, rilettura neanche troppo velata della vera New Orleans del 1968, ci catapulta in un contesto storico in cui la negazione dei diritti civili la faceva da padrone, un'epoca significativa e sicuramente angosciante, ben lontana dalle atmosfere tipiche da “Little Italy” viste nei primi capitoli della serie. La vicenda di Lincoln Clay, ragazzo di colore costretto a sopravvivere suo malgrado in una società che lo ripudia, è infatti una faida di sangue ben lontana dai toni classici alla Don Vito Corleone, che segue si le impronte lasciate dai predecessori ma che tratta in una veste del tutto inedita il tema della vendetta e della giustizia. Poiché dopo una notte nella sporca città di New Bordeaux tutto può cambiare. E tutti possono morire.
NEW BORDEAUX, CITTÀ DI SANTI E DEMONI
Lincoln Clay, dicevamo: un uomo di colore reduce dalla sanguinosa e ben nota Guerra del Vietnam, costretto a sopravvivere in una società che non lascia spazio a diritti di nessun genere, specie se il colore della tua pelle è quello sbagliato agli occhi della gente comune. Abbandonato dalla madre e cresciuto in orfanotrofio, Lincoln vede presto nella figura di Sammy, capo della mafia nera del Sud, l'unico appiglio per non lasciarsi trascinare giù dalle tenebre di New Bordeaux. Peccato che l'uomo è indebitato fino al collo con la mafia italiana che, si sa, non ci va certo coi guanti di velluto quando si tratta di conti in sospeso. E dopo che il boss Sal Marcano fa la sua prima, spietata mossa, Lincoln viene subito affiancato da un ex agente dell'FBI e da altri tre personaggi chiave (tra cui il già noto Vito Scaletta). Starà a noi decidere chi aiutare e quanto, guadagnandoci così la loro fiducia incondizionata. Questo perché, un certo Boss della mala suggeriva saggiamente che “gli amici tieniteli stretti, ma i nemici ancora di più.”
Lincoln Clay, costretto a sopravvivere in una società che non lascia spazio ai diritti
La sceneggiatura narrata da Mafia III ha i tratti del documentario storico, piuttosto che il consueto spaccato hollywoodiano di una faida tra bande criminali rivali. Testimoni chiave e personaggi di contorno raccontano infatti le vicende del protagonista come in una qualsiasi docu-fiction, attraverso sequenze che vanno a dipanare pian piano una sceneggiatura ben scritta e soprattutto credibile, sempre atta a sottolineare le instabilità sociali tipiche della fine degli anni 60. E il coraggio dei ragazzi di Hangar 13 nel voler proporre una cornice inedita rispetto alle solite crime story all'italiana (e con tutti i luoghi comuni del caso) è davvero encomiabile. Sfortunatamente, i problemi vengono a galla non appena si volta pagina e si va ad analizzare il gioco giocato: i personaggi che si prenderanno “cura” di Lincoln saranno i nostri agganci per l'assegnazione di missioni principali e secondarie. Peccato solo che qualsivoglia compito saremo chiamati a risolvere, la struttura delle missioni rimarrà sempre e comunque la medesima: Lincoln dovrà andare da un punto A a un punto B, infiltrarsi in zone precise della mappa, eliminare gli avversari in modalità stealth o con le consuete armi da fuoco, distruggendo di tanto in tanto strutture o elementi utili al compimento della missione. Così, per quasi tutta la durata dell'avventura principale. E non aiuta neppure un'intelligenza artificiale tendente al ribasso, incapace di vedere il giocatore a pochi metri di distanza, oppure ignorando interi gruppi di cadaveri distesi sul pavimento. Lincoln, dal canto suo, pare invece avere tutte le doti necessarie a diventare un agente speciale della CIA: Clay può infatti facilmente osservare i nemici attraverso le pareti, oppure distrarli con un fischio in perfetto stile Sam Fisher. Lo squilibrio tra le due parti, quindi, è netto, e solo se attaccati da un nutrito numero di sicari potremo infine cadere sotto i colpi del nemico.
Quella di Mafia III è una cornice inedita rispetto alle solite crime story all'italiana
Tutto da buttare quindi? Non esattamente: l'area di gioco di Mafia III è ben delineata essendo divisa in distretti, proponendo quindi una mappa generale che non vuole assolutamente fare il verso a quella del GTA di turno. Trovare attività alternative o diverse da quelle proposte dalle missioni principali è quindi pressoché impossibile e il “cazzeggio” è quinti totalmente assente. Attenzione però: è sempre caldamente consigliato tenersi alla larga dalla polizia. Le pattuglie di piedipiatti interverranno meno volentieri nei quartieri poveri popolati da neri, ma nel caso foste così maldestri da creare panico tra le strade popolate da ricchi personaggi dalla pelle chiara, preparatevi al peggio. New Bordeaux non è quindi la nuova Liberty City, bensì solo un piccolo, grande contenitore nel quale affrontare le missioni principali e quelle facoltative, infarcita di tanto in tanto da qualche extra collezionabile (come alcuni numeri di Playboy o altre tipiche riviste dell'epoca). L'odissea di Clay, inoltre, è violenta, molto: esecuzioni, sparatorie, ammazzamenti. Tutto è reso a schermo senza troppi complimenti e con la giusta quantità di sangue che ci si aspetterebbe da un titolo del genere (nonostante sia possibile decidere se attivare le esecuzioni letali o se stordire semplicemente gli avversari durante le varie sessioni stealth). Peccato solo che i ragazzi di Hangar 13 non abbiano deciso di ottimizzare a dovere il motore grafico, afflitto da gravi (per non dire gravissimi) problemi tecnici, come ad esempio la sparizione improvvisa di vari elementi dello scenario, rallentamenti nelle fasi di gioco più caotiche e compenetrazioni poligonali di vario tipo. Ad ogni modo, sono pronto a scommettere che proprio mentre scrivo queste righe dovrebbero già essere in lavorazione tutta una serie di patch correttive atte a risolvere il problema, anche nella versione console da noi provata (o perlomeno, così ci auguriamo tutti). Fortuna vuole però che l'aria che si respira a New Bordeaux, un vento di morte che echeggia sulle note del jazz e di una narrazione realmente interessante, vi farà chiudere (in parte) il proverbiale occhio sugli evidenti limiti del titolo 2K.
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