Battlefield 1 - recensione
A nostro avviso la serie di Battlefield aveva perso un po' di quella personalità che le aveva consentito, grazie anche ai due Bad Company, di diventare la più seria antagonista di Call of Duty. Nella foga d'imporsi sul mercato, però, DICE ha deciso di seguire la strada tracciata da Activision trasformando progressivamente il suo prodotto, famoso per la distruttibilità, le mappe aperte e uno stile più ragionato in uno sparatutto frenetico, dinamico, votato alla spettacolarità e spesso piuttosto guidato.
Una scelta che non ha pagato, visto che Call of Duty ha continuato imperterrito a dominare le vendite ed episodi come Hardline e Battlefield 4 hanno incontrato un'accoglienza non idilliaca da parte dei fan. Per questo motivo DICE, lo storico sviluppatore con sede a Stoccolma, ha deciso di ripartire da zero, di lasciare Titanfall 2 a fronteggiare CoD sul suo stesso campo di battaglia e di concentrarsi su quelli che sono da sempre i punti di forza della serie. Il risultato? Battlefield 1 è il miglior capitolo da diversi anni a questa parte, se non di sempre.
Digital Illusions Creative Entertainment ha infatti dimostrato di essere non "solo" il creatore del Frostbite Engine, ma anche uno sviluppatore ricco di talento e personalità. Battlefield 1 è uno sparatutto completo, solido, ispirato, dal sapore più internazionale rispetto al passato. Abbandonare la scia dei CoD, infatti, non ha voluto dire semplicemente rinunciare ai doppi salti e al respawn forsennato, ma ha significato anche dare a tutta l'opera un tono più serioso e realistico, senza la schizofrenia e la ricerca dell'eroismo spiccio a tutti i costi. Una cosa tipica della cultura americana, ma lontani dai valori europei.
