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Last Day of June – Anteprima

Andiamo bene. Per più di un mese, ovvero da quando mi sono imbattuto per la prima nell'opera seconda di Ovosonico (seconda in ordine cronologico rispetto a Murasaki Baby, non certo in termini qualitativi), sono rimasto convinto che il Last Day of June del titolo fosse l'ultimo giorno di giugno. Poi, quando alcuni giorni fa ho avuto modo di provare parecchio a fondo il gioco, alcuni indizi hanno iniziato a suggerirmi che io sia un po' tonto e che quel June fosse in verità quella June, ovvero la moglie di quel Carl che fa da protagonista o meglio da trait d'union tra i protagonisti della vicenda.



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Il principale indizio è stato l'autunno, e giugno, questo lo so pure io, non è in autunno, una stagione in cui le foglie tendono a staccarsi dai rami, a diventare rossicce e giallognole, a ricoprire il terreno. Ho notato le foglie non perché attirato dallo stile grafico impressionista sposato da Ovosonico che esalta la poetica bellezza del paesaggio, bensì perché ad un certo punto queste birichine mi si sono messe di traverso! Volevo raggiungere un dato luogo e non potevo perché il manto foglioso mi faceva scivolare, ma solo mentre tenevo in mano uno scatolone. Ho appoggiato il carico per terra e impugnato il rastrello appoggiato lì di fianco per fare piazza pulita dell'intralcio della natura. Ripreso il pacco, risolto l'enigma. Il tutto è durato non più di un minuto e non mi è piaciuto: l'ho trovato pretestuoso e scontato, fine a sé stesso. Gli altri 195 minuti del tempo passato dentro Last Day of June, invece, sono stati i più appaganti e coinvolgenti che mi sia capitato di passare in un videogioco da parecchio tempo a questa parte. E non per i motivi che mi aspettavo…
Sospensione dell'incredulità



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Alla domanda/concetto portante di Last Day of June, “Cosa saresti disposto a fare per salvare la persona che ami?” rispondo con un'altra domanda: dipende, per gioco o per davvero? Il gioco ti mette davanti a una situazione drammatica, già accaduta, e poi ti dona la capacità di modificare gli eventi che l'hanno preceduta affinché la stessa non si verifichi. Il giocare si sviluppa in un contesto che ci mette un istante a elevare la sospensione dell'incredulità alla massima potenza. Carl vive una situazione possibile solo in un mondo fantastico, irreale, che però Ovosonico è stata in grado di rendere credibile giustificando, o meglio contestualizzando e spiegando, ogni azione e ogni scelta. Questo, quanto meno, è ciò che avviene nelle prime tre ore abbondanti della vicenda.



Il gioco ti mette davanti a una situazione drammatica



Poi, chi lo sa? Intanto queste sono ore eccezionali, passate a esplorare un paesino tanto raccolto quanto articolato, abitato da un pugno di personaggi tanto semplici quanto complessi. Non amo il loro modo di parlare con i versi e invece adoro come si muovono, come gesticolano e soprattutto come corrono ciascuno a modo suo, in maniera piacevolmente esasperata. Ogni animazione è studiata nei dettagli e contribuisce a delinearne caratteri e atteggiamenti, probabilmente meglio di tante parole. E così mi ritrovo a muovere e far agire i personaggi per riscrivere un passato triste e capisco che presi uno ad uno possono poco di fronte allo strapotere di un destino avverso, ma tutti insieme…
L'unione fa la complicazione



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Ah, tutti insieme sono capaci di grandi cose, i protagonisti di Last Day of June. Cose che gradualmente capisco di dover incastrare le une nelle altre per andare avanti in una storia che inizio a intuire, ma che comunque non riesce ancora a toccare le mie corde emotive. Sono certo che molti giocatori intelligenti, e in quanto tali desiderosi di giocare a Last Day of June, ne sapranno cogliere gli aspetti emozionali, ma penso anche che ce ne saranno altri che come me si appassioneranno con distacco alla vicende di Carl e lo faranno perché saranno trascinati non in un vortice di emozioni, bensì in un vortice di soluzioni.
Un vortice di emozioni e soluzioni



Mi aspettavo “solo” un'esaltazione del concetto di videogioco inteso come forma d'arte, di estremo buon gusto e con ampie pennellate di poesia, e invece in Last Day of June ho trovato anche e soprattutto l'apoteosi della logica, del videogioco che ti prende le meningi e te le ributta sul tavolo strizzate. Ovviamente, l'arte non esclude la logica e viceversa, quindi Last Day of June e secondo me il gioco perfetto… anche perché dentro si tirano calci al pallone e si spara. Proprio così! Prima di lasciarvi in pace, vi do un suggerimento: se avete intenzione di giocare a Last Day of June (in digitale su PS4 e PC dal 31 agosto) evitate di andare prima su YouTube e inserire “drive home steven wilson” come stringa ricerca. Fatelo dopo averlo finito.



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21 luglio 2017 alle 12:01