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Wolfenstein II: The New Colossus – Recensione

Siamo nel 1981. Steven Spielberg ammalia gli spettatori nelle sale cinematografiche con “I predatori dell'arca perduta” e Sam Raimi li terrorizza con le tenebrose peripezie di Ash Williams ne “La Casa“. L'area è permeata da un'incessante dance music che infiamma le discoteche il sabato sera. Lo yuppismo prende piede e si propaga a macchia d'olio su tutto l'occidente: la comunità economica capitalista raggiunge il suo apice. Proprio in questi anni, che vedono la nascita in ambito videoludico della famiglia Atari 8-bit e degli home computer Apple, Silas Warner, programmatore del motore grafico e audio “The Voice“, realizza uno dei più importanti titoli della storia ludica mondiale: l'archetipico Castle Wolfenstein. Un titolo a dir poco innovativo, capace di instaurare un'incomparabile alchimia tra un classico gameplay action…



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9 novembre 2017 alle 11:10

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