Assassin's Creed Origins: La Maledizione dei Faraoni - recensione
Eccoci di nuovo qui, in un appuntamento che sta ormai assumendo una cadenza trimestrale. Assassin's Creed: Origins aveva infatti inaugurato il 2018 con Gli Occulti, un DLC duro e puro, un'esperienza che non andava a toccare più di tanto la natura del prodotto di Ubisoft ma che aumentava con successo le ore di gioco attraverso nuovi, graditi contenuti. Cos'è successo nel frattempo? Le Prove degli Dei hanno continuato a ripetersi con cadenza regolare, mentre la modalità Discovery ha placato, non senza polemiche relative alla censura, la sete di conoscenza di tanti appassionati di storia. Questa volta Bayek torna a far parlare di sé con La Maledizione dei Faraoni, DLC che qui a Eurogamer aspettavamo più di ogni altro, perché si poneva l'ambizioso obiettivo di portare una reale ventata di aria fresca nel calore dell'antico Egitto.
E in effetti, non siamo rimasti delusi. Se Gli Occulti metteva sul piatto nuove regioni, un nuovo nemico e un ribaltato approccio verticale al gameplay, le novità introdotte con La Maledizione dei Faraoni sono decisamente più sostanziose e interessanti. L'avventura si apre con una chiamata a Tebe che spalanca le porte di una delle regioni tuttora più affascinanti del territorio nordafricano: La Valle dei Re è infatti la location più colorata e diversificata incontrata nel titolo fino a questo momento. Le ombre dei Faraoni stanno tornando a camminare nel mondo dei vivi, lasciandosi alle spalle una scia di morte attorno alla quale aleggia la presenza di una nuova, pericolosissima Mela dell'Eden. Insomma, tutti i lati più esoterici della serie tornano protagonisti attivi della vicenda, tingendo di mistero e meraviglie la missione di Bayek.
Nonostante una forte presenza dell'elemento sovrannaturale, il lato umano dei personaggi non era mai stato così convincente. Dovendo trovare un difetto alle vicende passate, salta subito in mente la scarsa profondità psicologica di alcuni personaggi, evidenziata dalla difficoltà riscontrata da Ubisoft nello scostarsi dal modello del "cattivo" tradizionale. Con La Maledizione dei Faraoni viene finalmente posto l'accento sulla caratterizzazione dei comprimari: Tahemet, Isidora, e soprattutto il riuscitissimo Suketh sono esempi di personalità decisamente credibili e riuscite, fattore che rende godibile ogni singola quest o cutscene presente nel contenuto. Pur trattandosi di una missione principale che non supera le tre ore di durata, è talmente pregna di contenuti e cura per i dettagli da risultare estremamente appagante.
