Battlefield 5 e il valore dei piccoli dettagli - analisi tecnica
Tutti coloro che hanno giocato alla recente alpha di Battlefield 5 si sono trovati di fronte ad una bella sorpresa. Basato sull'eccellente lavoro di DICE svolto in BF1 e Battlefront 2, ci siamo trovati di fronte ad un gioco eccezionalmente bello che, salvo dei piccoli bug, sembra già un prodotto finito. Visivamente è eccezionale e, in effetti, l'unica delusione, se così si può definire, è che tutti i segnali fanno presagire un'evoluzione della formula di Battlefield e del suo motore Frostbite, anziché una vera e propria rivoluzione next-gen.
Qualcuno potrebbe dire che le aspettative di un ampio miglioramento della tecnologia potrebbero sembrare un po' troppo ottimistiche, ma lo studio ha già un precedente. Nel 2011 (ovvero due anni prima dell'arrivo di PlayStation 4 e Xbox One) DICE ha lanciato Battlefield 3, il gioco che ha posto le basi per i capitoli successivi della serie, soprattutto dal punto di vista tecnologico. Con un supporto ai processori 64-bit e agli hardware grafici che sfruttavano le DirectX 11, gli sviluppatori stavano essenzialmente gettando le basi per la futura generazione di console, con in testa una versione PC d'avanguardia.
Allo stesso punto dell'attuale generazione di console, la closed alpha di Battlefield 5, pubblicata solo su PC, mostra degli abbellimenti sostanziali oltre ad alcuni miglioramenti, sicuramente graditi al pubblico, del modello di distruzione. L'aspetto generale nonché alcune delle sue caratteristiche fondamentali saranno però familiari a coloro che hanno giocato a Battlefield 1. Quest'alpha ci ricorda inoltre quanto il motore Frostbite sia capace a gestire gli enormi livelli aperti presenti nel gioco. Basta selezionare il punto di cattura, cliccare e la panoramica della mappa piomba giù senza soluzione di continuità direttamente in gioco: un bel trucchetto proveniente direttamente da BF1 che continua ad impressionare anche nel suo successore.
