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Shenmue I & II – Recensione

Mettetevi comodi e prendete posto. Stiamo per raccontarvi di una leggenda, di quelle che nel tempo acquistano forma e colore spinte dalla nostalgia di chi c'era al tempo, di quelle che negli anni vengono raccontate attraverso parole cariche di emozioni e ricordate come forze ispiratrici dalle generazioni successive. Così nasce la nostra leggenda, dal sogno di un individuo, l'autore Yu Suzuki, che, rifuggendo gli stilemi del tempo, fra giochi action, sparatutto e picchiaduro, ha voluto cimentarsi nella realizzazione di un progetto in qualche modo artigianale, ambizioso eppure unico e originale, che potesse far calare il giocatore in un mondo quasi palpabile, reale e oltremodo caleidoscopico.



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Un po' di storia



I desideri più grandi hanno spesso il vizio di non riuscire a concretizzarsi, ma Suzuki-san era determinato e dopo cinque anni di lavoro, aiutato dai suoi collaboratori e da un fondo stanziato da SEGA davvero notevole, riuscì a portare a termine la sua opera, Shenmue. Il secondo passo più difficile di un sogno è riuscire a portarlo avanti nel tempo con costanza e forza di volontà, tuttavia a volte non è sufficiente; lanciato in Europa nel 2000, Shenmue era stato ideato come il principio di una lunga serie di episodi, che insieme avrebbero dovuto narrare tutta l'avventura del protagonista, ma ciò non avvenne e la trama fu interrotta con il lancio del secondo capitolo, nel 2003. Complice l'uscita su una console come il Dreamcast, tanto sottovalutata per il tempo quanto poco conosciuta, l'ambizioso progetto di Yu Suzuki fu pertanto sospeso.



Questa è l'origine della nostra leggenda, che divenne tale negli anni successivi grazie ai pochi che, avendolo provato di persona, hanno potuto decantarne i pregi, mantenendo intatta nella memoria il ricordo del gioco. A distanza di diciotto anni sono innumerevoli gli sviluppatori che devono tanto all'opera magna di AM2, il gruppo che lavorò al progetto. L'uscita di Shenmue I & II per le console moderne di gioco rappresenta un'opportunità unica e insieme un potenziale pericolo: le nuove generazioni di giocatori hanno gli strumenti adatti a comprendere l'importanza di un prodotto apparentemente datato o ciò potrebbe decretare la caduta di una leggenda?



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Ragionare prima di giocare



In ogni campo dello scibile umano è sempre doveroso partire da una solida base. Contestualizzare fatti, eventi e anche prodotti nel tempo è un'azione obbligatoria al fine di comprendere l'oggetto di ogni discorso, e i videogiochi non fanno eccezione. Siamo nel 1999, il mondo è in apprensione per l'imminente avvento del nuovo millennio, la PlayStation 2 sarebbe stata messa in commercio di lì a poco e Gran Theft Auto III sarebbe stato lanciato solo due anni più tardi. La contemporaneità ha progressivamente accelerato il nostro modo di organizzare il tempo e, conseguentemente allo sviluppo tecnologico inarrestabile, oggetti e prodotti appaiono obsoleti dopo pochi attimi dal loro lancio sul mercato. E non è soltanto quest'ultimo a cambiare, ma le nostre stesse basi sociali e culturali; sembrerà impossibile, ma ciò si può evincere anche da Shenmue.



Potremmo dirvi che esso è un'avventura sandbox con elementi da picchiaduro vecchia scuola (basti pensare che il progetto nasce come uno spin-off da un personaggio di Virtua Fighter, Akira, che poi venne modificato in Ryo), ma una banale classificazione non renderebbe giustizia e non includerebbe una dovuta premessa: l'opera di Suzuki non è veloce come un action, non è rapida come un hack ‘n' slash, ma al contrario è piuttosto lenta. Dati questi presupposti, è necessario verificare se il team di D3T sia riuscito nell'impresa di riesumare questa leggenda, modernizzandone la struttura tecnica per renderla più accessibile in un mondo sempre più veloce.



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Dal Giappone con furore



Influenzato da alcuni modelli narrativi cinesi, Shenmue racconta una storia di vendetta, quella del protagonista Ryo Hazuki, in cerca di giustizia dopo aver assistito impotente all'uccisione del padre da parte di Lan Di. L'antagonista principale è un esperto di arti marziali, venuto nel dojo di famiglia per cercare una sorta di artefatto, uno specchio, rubato il quale scappa protetto dai suoi complici.



Era il 29 novembre del 1986 e l'avventura inizia nella cittadina di Yokosuka, dove si trova la nostra casa. Ryo è un diciottenne esperto di arti marziali, allenato dal padre fin da bambino, gentile con tutti ma molto determinato nel suo obiettivo: scoprire il colpevole della tragedia che ha colpito la sua famiglia. Passiamo quindi per la periferia di Yamanose, verso Sakuragakoa fino alle strade di Dobuita, la città in cui spenderemo più tempo nel gioco.



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7 settembre 2018 alle 17:10

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