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Book of Demons - recensione

Non c'è nessun posto come casa, o almeno questo è l'adagio. Eppure, alle volte le cose cambiano: al ritorno da un lungo viaggio - per esempio - si può scoprire che il vescovo del nostro amato villaggio ha combinato qualche guaio. Adesso le mucche sputano fuoco, la nostra amica d'infanzia ha imparato l'alchimia, il sacerdote di fiducia è un po' più schivo che in passato. Qualcosa non quadra, e tutti quei corvi che bazzicano tra le carcasse delle mandrie ne sono la prova.



Tramite alcuni rituali "indicibili", i demoni sono stati liberati dall'Inferno. Guidati dall'Arcidemone in persona si aggirano nelle profondità della cattedrale del villaggio (un tributo-parodia al monastero di Diablo). A noi il compito di discendere nel cuore della terra e stanarli, svelando, pian piano, alcuni piccoli retroscena di trama.



Book of Demons, si capirà già, non punta all'originalità della storia, ma sprizza ingegno - o meglio, sperimentalismo - da tutte le sue... pagine. Ebbene sì, il mondo in cui ci muoviamo è fatto di carta, di libri e di mostri che sembrano un po' origami, un po' papercraft. La cura grafica e artistica è tale che un mondo bidimensionale, grazie all'accortezza degli sviluppatori, più volte dona l'impressione di girare grazie a un motore 3D. Ma ciò che colpisce maggiormente è il modo in cui questa scelta viene spiegata in termini di atmosfera e fidelizzazione col giocatore.

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27 dicembre 2018 alle 11:10

Condiviso da Garth Brown.Piace a 2 persone