ToeJam & Earl: Back in the Groove – Recensione
Nostalgia canaglia. Parafrasando il celebre motivetto di quel semprecaromifuquest'ermocolle di Al Bano, molte volte i ricordi riescono a fare più danni di un selfie della madre di Zaniolo. E non stiamo parlando, come in quel caso, in problematiche relative alle retine per attività onanistico-compulsive, nossignore, ci riferiamo infatti a problematiche più profonde e radicate, strettamente correlate all'apparato cardiocircolatorio.
Giocare Toejam & Earl: Back in the Groove è come subire un goal al 90', come scoprire di essere stati gabbati da qualsivoglia venditore ambulante, credendo di aver acquistato una Gucci previo esborso di una manciata di sonanti eurozzi. Giocare ToeJam & Earl: Back in the Groove è una cocente delusione.

Ed è con profonda amarezza che vedere che, mai come in questo caso, quel che poteva funzionare venti anni fa, ora non funziona più. ToeJam & Earl: Back in the Groove è un progetto nato su Kickstarter quasi un lustro fa da un team di appena tre individui, e le basse aspettative che circondavano il progetto tutto all'epoca del suo primo reveal trovano ahi noi riscontro negli attuali valori di produzione del titolo. Sembra come di essere tornati indietro agli anni ‘90 nella maniera peggiore possibile, con un'opera isometrica semplicemente fuori da ogni possibile grazia di qualsivoglia divinità disponibile a spendersi per essa.
Il gameplay di ToeJam & Earl: Back in the Groove risulta essere quanto di più basilare possibile, proponendo una sequela di livelli uno tendenzialmente uguale all'altro, contraddistinti da un tasso di esplorabilità inversamente proporzionale al ludogodimento fornito durante il loro playthrough. Sbadigli e smoccolamenti vari vengono interrotti sporadicamente da qualche esilarante gag messa in scena dai protagonisti del gioco, ma tutto risulta essere fine a sé stesso, sterile e smaccatamente sottotono. Vagare nell'aere, alla ricerca di uno dei collezionabili richiesti per proseguire nell'avventura nella vana attesa di trovare l'ascensore in grado di trasportare il malaugurato videogiocatore al prossimo schema, risulta essere pratica poco confacente ad una persona nel pieno delle sue facoltà mentali, a meno che non ricerchi piacere attraverso il dolore di affrontare livelli masochisticamente scarsamente interessanti.
Discorrendo circa la realizzazione tecnica, poi, viene nuovamente evidenziato come ToeJam, Earl e compagnia cantante avrebbero fatto meglio a restare confinati nel cassetto dei ricordi di ognuno di noi, proponendo un risultato finale che definire sottotono è alquanto eufemistico. Anche se lo stile che contraddistingue la purulenta serie firmata da Greg Johnson non aiuta, mirando ovviamente a una surreale, minimalista declinazione di un'aliena dimensione fantastica, è innegabile ed evidente l'insufficiente impegno profuso nel tentativo di svincolare l'opera da un marcescente quanto evidentemente inevitabile destino. Pochi frame di animazione, pochi colori, pochi sprite degni di nota: poco, troppo poco.
L'unico bagliore di leggera soddisfazione è scaturito dall'implementazione di una modalità multiplayer, anche online, in grado di supportare sino a quattro giocatori in contemporanea. Il problema è che la base è una delle peggiori possibili e persino il piacere di trascorrere del tempo in compagnia di altri esseri umani viene meno dopo poco. All'interno della produzione trovano spazio alcuni mini giochi tutti contrassegnati da un'attuazione qualitativamente scadente, dal valore riconducibile al prodotto tutto: per onore di cronaca, ad esempio, affrontare una squallida sessione di rhythm game all'interno di una produzione così maldestramente scolpita sostanzia con ancora maggior vigore le stucchevoli proprietà precipue di ToeJam & Earl: Back in the Groove.

Conati di vomito, peti vigorosi e ruttoni megagalattici. No, non è il remake di uno dei primissimi Fantozzi e non è neanche una referenziale citazione all'attitudine dei protagonisti del gioco a rilasciare flatulenze e chi più ne ha, più ne metta. È invece la reazione che i più sensibili dei videogiocatori potrebbero avere innanzi ad una produzione che, visti i risultati, avrebbe fatto meglio a restare confinata nella memoria di ognuno di noi.
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Garth Brown
Ma l'idiota (perché questo è) che ha scritto la recensione, si è reso conto anche solo per un istante, che ToeJam e Earl non punta al gameplay, ma al carisma del duo protagonista? Si è reso conto che questo remake o sequel (ancora non si è capito) è fatto dagli stessi di Doki Doki Universe, anche quello un gioco con un gameplay molto semplice, ma che puntava sul messaggio di fondo del gioco e sui vari questionari per tirare fuori il profilo psicologico?
Questo è il tipico caso di recensione che oggettivamente fa schifo.
Sgn98
Immagino che non abbia giocato ai precedenti capitoli per capire a pieno la saga. Comunque anche il carisma del duo è parte integrante del gameplay, non è che il gameplay vuol dire solo andare dal punto A e B, ma va a rappresentare il tipo di impostazione e della struttura del gioco in sè. Che poi mi fa ridere il fatto che abbia criticato codesto gioco con grafica deludente, quando graficamente parlando ricalca a pieno stile del franchise.