Ludomedia è il social network per chi ama i videogiochi. Iscriviti per scoprire un nuovo modo di vivere la tua passione.

Su The Corner of Art History

Amanti dell'arte! Riunitevi dinnanzi all'angolo della storia dell'arte: stanza dedicata a tale materia/hobby. Questo è il collegamento all'altra mia stanza: http://www.ludomedia.it/a-good-trip-4430S

Maelstorm

ha pubblicato un'immagine nell'album Arte Moderna

Michelangelo Merisi da Caravaggio I bari

94×131 cm 1594 Kimbell Art Museum Forth Worth (Texas)

Uno dei miei quadri preferiti di Caravaggio dipinto assieme a La Buona Ventura (la Zingara che legge la mano) per la casa del cardinale Francesco Maria del Monte. I due quadri dovevano rappresentare dei vizi che gli uomini di chiesa dovevano evitare, il gioco in questo caso e la cartomanzia nel caso de la Buona Ventura (conservato al Louvre di Parigi).

Il quadro mette in scena la truffa. Un giovane ingenuo sta giocando a carte con un suo coetaneo il quale in complotto con un suo compare più anziano trucca il gioco delle carte. Tutti i personaggi sono in piedi attorno ad un tavolo ricoperto da una raffinata tovaglia damascata. La pittura è precisa e descrittiva in accordo con la filosofia artistica del Caravaggio.

Il contrasto tra le vesti dei tre personaggi testimonia una diversità di classe sociale che fa pensare ai due bari. La parete, usata come sfondo, è colpita da un fascio di luce che proviene da una finestra posta in alto a sinistra e mette in luce, oltre ai personaggi, l'angolo di intersezione dei muri perimetrali della stanza. La tela, oltre ad essere un capolavoro è un caposaldo della pittura e segna, per il soggetto descritto e la sua teatralità, un confine definitivo con il manierismo del Cinquecento. Per la prima volta una scena è dipinta con i soggetti rappresentati di tre quarti. E per la prima volta viene colto l'attimo. Il dipinto ha una tensione teatrale che si percepisce perfettamente guardando il volto del baro anziano che è quella di un attore in scena. I suoi guanti rotti gli forniscono un tratto comico come quelli dei pagliacci (matrice picaresca). È un ritratto molto particolare e molto famoso.

La resa della tensione dei due bari è notevole, tutto in loro è pronto a spiccare un balzo; gli sguardi, le orecchie tese in ascolto, così come i muscoli. Il giovane sprovveduto è invece rappresentato rilassato, calmo e mollemente appoggiato sul tavolo. Egli è in procinto di giocare la sua carta, e proprio per questo i due bari sono protesi fisicamente verso il suo corpo. Le due figure costituiscono così quasi un contenitore che avvolge l'ingenuo. Egli sembra essere fagocitato dai due bari, e non si otterrebbe lo stesso effetto se il braccio del baro giovane non fosse trasversale alla vista quasi a racchiudere spazialmente il truffato. In contrapposizione l'ingenuo è rannicchiato su sé stesso, non in senso difensivo, ma solo per trasmettere la sensazione di non essere all'altezza della situazione.

Il pugnale che pende dalla cinta del baro giovane serve ad informare l'osservatore del carattere malandrino dei due ceffi. Tutto nel dipinto sembra sovrastare l'ingenuo, come ad esempio il livello degli occhi dei bari che si trovano in un piano superiore rispetto a quelli del soggetto truffato, rivelando indiscutibilmente l'innata e straordinaria capacità di descrizione psicologica di Caravaggio. Nel dipinto per entrambi i bari l'autore ci mostra di essi un solo occhio. Una radiografia mostra che il Merisi dipinse il volto del baro anziano con entrambi gli occhi per poi pentirsi e coprire il destro con la falda del cappello dell'ingenuo. Per accentuare l'annullamento tra lo spazio reale e lo spazio dipinto, in molti quadri Caravaggio inserisce un elemento che sembra voler penetrare nello spazio fisico dello spettatore, facendo da "ponte" fra le due realtà. Nell'opera in esame l'elemento per questo artificio è rappresentato dallo spadino appeso alla cinta del giovane baro.

La partita in corso fra i tre attori sulla scena è giocata con un mazzo di carte liguri, dal seme francese e il gioco in questione è lo zarro, un gioco di origine persiana che nel rinascimento era stato bandito dal Duca di Milano Francesco Sforza con un editto del 1531 in quanto si riteneva fosse socialmente pericoloso. Nel gioco dello zarro vi era un mazzo di venti carte; ogni giocatore ne possedeva cinque e i punti da effettuare erano molto simili a quelli del poker ma molto più limitati. Infatti gli unici punti previsti erano: la coppia, il tris e il colore (carte tutte dello stesso seme). Ora consideriamo le carte visibili sulla scena. In tavola si trova un 4 di quadri. Sulla schiena del baro, sono ben visibili altre due carte: un 7 di cuori e un 6 di fiori. Il giovane ingenuo è evidentemente preso nel guardare le proprie carte, ciò denota che è il suo turno e sta valutando la sua prossima mossa. Il gregario del baro alle sue spalle scruta abilmente le sue carte e segna, con le dita della mano destra leggermente aperte il numero 3.

Il giovane baro, affidandosi alla segnalazione del suo complice, sta prelevando da dietro la sua schiena il 6 di fiori, con l'intento di sostituirlo con una delle sue stesse carte. Il quattro di quadri sui tavoli è stato palesemente appena giocato dal baro; il suo compare gli fa sapere che il suo giovane avversario ha in mano un tris, che nel gioco dello zarro è sicuramente un punto molto alto; la sua espressione infatti è un misto di furtività, di sorpresa e preoccupazione. L'espressione del giovane baro però non sembra minimamente turbata, anzi sembra attendere con evidente sicurezza la mossa dell'avversario perché egli sa perfettamente che vincerà. Quel 6 di fiori gli servirà infatti per completare il suo punto vincente, superando il tris con un colore appunto, di fiori.