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Maelstorm

ha pubblicato un'immagine nell'album Arte Moderna

Diego Velázquez - Las Meninas - 318×276 cm

1656 - Madrid Museo del Prado

Considerato il quadro più famoso e più visitato del museo del Prado di Madrid assieme al trittico del Giardino delle Delizie di Hieronymus Bosch, talmente un capolavoro di dipinto che l'artista napoletano Luca Giordano lo definì: "La Teologia dell'Arte".

Il titolo del quadro, dalla parola portoghese «menina», significa «damigelle d’onore». In realtà è questo un ritratto collettivo della famiglia del re di Spagna, Filippo IV, e di alcune persone a loro più vicine, tra cui lo stesso Velazquez. I personaggi, in base alla identificazione accertata, sono i seguenti. Partendo da sinistra, in primo piano, abbiamo innanzitutto Velazquez, quindi l’infanta Margarita (purtroppo ebbe una vita sfortunata e morì a ventidue anni di infezione polmonare a Vienna), figlia dei sovrani di Spagna, circondata da due damigelle d’onore: Maria Augustina a sinistra e Isabel de Velasco sulla destra. Seguono poi due nani, Mari-Barbola e Nicolasito Pertusato, con un cane accovacciato ai loro piedi. In secondo piano, sulla destra, sono ritratti donna Marcela de Ulloa, addetta al servizio delle dame di corte, e don Diego Ruiz de Azcona, funzionario addetto all’accompagnamento delle donne di corte. Nel vano della porta appare don José Nieto Velazquez, maresciallo di palazzo. Infine, nello specchio posto sulla parete si vedono i due sovrani di Spagna, Filippo IV e sua moglie Marianna d’Austria.

L’originalità del quadro è nel ribaltamento del punto di vista: nei ritratti ciò che in genere vediamo è l’immagine dal punto di vista di chi dipinge (il pittore), in questo caso ciò che vediamo è l’immagine vista da chi è dipinto (i sovrani in posa). È come se fossero loro a realizzare il quadro e non viceversa.

In pratica se ciò avviene è per la straordinaria capacità inventiva di Velazquez, che per rendere possibile questi ribaltamenti di punti di vista ricorre sapientemente all’uso degli specchi. Innanzitutto è facile immaginare che la parete alle spalle dei due sovrani (cioè quella alle nostre spalle se fossimo nel quadro anche noi spettatori) è occupata da un grande specchio, dove Velazquez vede riflessa appunto l’immagine che sta componendo sulla tela che ha dinanzi (e che noi vediamo parzialmente di spalle) e che corrisponde proprio al quadro che stiamo ora osservando. Sulla parete in fondo, un altro specchio, incorniciato da una pesante cornice nera, ci rimanda invece la figura dei due sovrani, Filippo IV e sua moglie Marianna d’Austria.

I due sovrani stanno in posa, anche se il quadro che Velazquez sta realizzando non è il loro ritratto ma l’immagine riflessa dallo specchio alle loro spalle. I due sovrani appaiono quindi solo nello specchio di fondo, e ciò ovviamente ci dà la sensazione che sono loro i reali spettatori dell’immagine, perché chi guarda non può vedere se stesso se non come riflesso in uno specchio. Quindi appare sicuramente plausibile l’illusione che siano i due sovrani a «fare» il quadro, perché quello che vediamo corrisponde esattamente a ciò che loro vedevano quando posavano per un ritratto.

Ovviamente in tutto questo vi è una profonda componente concettuale, che porta inevitabilmente a riflettere sul ruolo dell’arte in genere e della pittura in particolare. È come un guardare «dentro» al meccanismo della pittura, per svelarne alcuni segreti che i pittori conoscono, ma forse gli altri no. Innanzitutto vi è la componente dell’ordine compositivo che distingue la rappresentazione dalla realtà. Nei quadri il pittore organizza tutto nel miglior modo possibile: sceglie un motivo, sviluppa una composizione, distribuisce i pesi con certi equilibri, e così via. In questo senso il quadro è un’astrazione dalla realtà, proprio perché può organizzare l’immagine in tutta libertà. Invece la realtà non ha lo stesso principio di ordine compositivo che sovrintende la pittura: la realtà è informe e caotica, così come in un certo senso appare anche in questo quadro di Velazquez. Le persone che noi vediamo sanno di non essere in posa e così si distribuiscono senza un ordine preciso. Non fanno gruppo, ognuno si pone lì dove capita. Anche lo spazio che è alle loro spalle non sembra il più idoneo per un quadro: non è uno sfondo omogeneo e organizzato. Da notare anche il particolare dell’uomo che compare dalla porta aperta sullo sfondo, che crea un ulteriore spazio di profondità, oltre quello della stanza in cui sono collocate le persone, che sembra un ulteriore elemento di casualità.

In pratica, con questo quadro, Velazquez crea un’opera di mirabile realismo, non solo perché è una fedele rappresentazione della realtà, ma anche perché ci aiuta a capire tutta la differenza che c’è tra l’arte (in quanto rappresentazione della realtà) e la realtà stessa. La prima è un modo, praticamente sempre, di isolare dalla realtà solo alcuni aspetti che noi preferiamo, e di aggiustarli secondo le nostre preferenze di ordine estetico o concettuale. La realtà, invece, è un continuo, caotico e informe, dove i principi dell’arte sono solo una finzione.

Ovviamente si può obiettare che la casualità della scena è solo apparente, e che anche qui l’artista ha dovuto operare delle scelte di carattere compositivo. Le due damigelle, che sono di fianco alla piccola infanta Margarita, una è in piedi l’altra è in ginocchio: sono collocate in posizione tale che non ci impediscono di vedere lo specchio e la porta aperta sulla parete di fondo. Anche le due figure sulla destra, come il pittore sulla sinistra, sono collocati in modo da non ostacolare la visione in profondità, altrimenti il mirabile gioco inscenato da Velazquez sarebbe risultato compromesso. Ma tutto ciò non fa che accentuare la sensazione che dicevamo prima: in fondo anche questo è un quadro, cioè arte, anche se riesce a farci capire un po’ di più la distanza (o la vicinanza) che c’è tra realtà e finzione.