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Su The Corner of Art History

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Maelstorm

ha pubblicato un'immagine nell'album Arte Moderna

La Sepoltura del conte di Orgaz è un enorme dipinto (misura 480 x 360 Cm) realizzato dal grande artista di origine cretese Domenikos Theotokópoulos più conosciuto come "El Greco" e conservato nella chiesa di Santo Tomè a Toledo in Spagna. Vi consiglio di andarlo a vedere nella chiesa dal vivo se andate a Toledo, è un opera davvero imponente e splendida da vedere di persona.

La tela, di considerevoli dimensioni, venne eseguita a Toledo fra il 1586 e il 1588 da Domínikos Theotokópoulos, il pittore cretese noto con il soprannome di El Greco. Le opere del maestro sono caratterizzate da un linguaggio molto personale,che attinge dal luminismo (termine della critica d’arte, che designa una tecnica pittorica, che dà un’importanza fondamentale alla luce ed ai suoi effetti) e alla sensibilità cromatica di Tiziano e Tintoretto, ma che assume anche toni allucinati e fortemente espressivi, desunti dalla conoscenza delle opere dei pittori dell’Europa del Nord.

Nonostante un oblio di alcuni secoli, l’opera di El Greco ha entusiasmato gli artisti dell’Ottocento e i contemporanei, lasciando la sua impronta in Spagna, Italia, Francia e ben oltre e, ad esmpio, proprio l’opera a cui fa riferimento questa pagina, che dalla sua esecuzione, è sempre rimasta nella chiesa di San Tomè, è diventata l’opera in breve tempo la più celebre di El Greco, nonché uno dei capisaldi della pittura spagnola di ogni tempo, ammirato, copiato e citato da moltissimi pittori ( Pablo Picasso su tutti, che si ispirò ad esso per il suo Sepoltura di Casagemas del 1901).

Il dipinto raffigura il miracoloso seppellimento di Gonzalo Ruiz, conte di Orgaz e benefattore della comunità di Toledo, morto nel 1323. La leggenda vuole che, mentre si stavano celebrando le esequie del nobiluomo, siano apparsi i santi Stefano e Agostino e abbiano posto essi stessi la salma del defunto nel sepolcro. Santo Stefano è rappresentato dal giovane diacono raffigurato a sinistra sulla cui veste, in basso a sinistra guardando l’opera, è illustrata la scena della lapidazione, che ricorda il suo martirio. Le spalle della salma, invece, sono sorrette da Sant’Agostino nelle sue vesti vescovili.

L’anima di Don Gonzalo Ruiz è trasportata in cielo da un angelo, mentre sono riuniti al cospetto di Cristo la Vergine, san Giovanni Battista, san Pietro ed una schiera di santi e beati che intercedono per l’anima del defunto. Tra la folla dei beati, alle spalle di colui che indossa un drappo arancione, proprio dietro san Giovanni Battista, si riconosce, dall’unica gorgiera riprodotta nella parte superiore destra del dipinto, anche il re di Spagna Filippo II con il volto ormai anziano. L’evento miracoloso è riportato nella sfera terrena dalla presenza (al centro della tela) dei numerosi spettatori, vestiti in abiti del proprio tempo e quindi moderni, come lo stesso conte di Orgaz e tra i quali, forse, si deve riconoscere l’autoritratto dello stesso El Greco. Il sacerdote, invece, che sta officiando il rito, ritratto a destra della tela con un libro in mano, è il committente della grande pala, Andrea Nuñes, parroco della chiesa di Santo Tomé. In primo piano l’autore ha ritratto un giovinetto, che, secondo l’opinione più diffusa, rappresenterebbe il ritratto di suo figlio, alla cui data di nascita corrisponde la data impressa sul fazzolettino che fuoriesce dalla tasca della stessa figura.

In un perfetto equilibrio tra cielo e terra, il dipinto è diviso in due parti ben distinte dalla linea orizzontale tracciata dalle teste e dalle gorgiere dei testimoni del miracolo; linea immaginaria, che separa lo spazio divino dalla realtà terrena, mentre la disposizione delle figure di Cristo e dei santi, nella parte superiore, asseconda la forma semicircolare della tela. In basso, la sensazione di profondità è resa dalla disposizione delle figure su piani paralleli;a rendere l’immagine ancora più concreta e suggestiva, invece, interviene il gesto dei due santi nell’atto di deporre il corpo del defunto in un sarcofago di cui si presuppone l’esistenza in basso, in uno spazio fuori dal dipinto. Infine, contribuiscono al coinvolgimento dello spettatore, anche gli sguardi del giovinetto e di un delle figure in secondo piano, forse El Greco stesso, che guardano verso di noi e attirano l’attenzione sul miracolo che si sta compiendo (ultima immagine, a destra).