Life is Strange - recensione
All'affiorare delle prime voci sulle difficoltà di Dontnod Entertainment ero rimasto dispiaciuto. Nonostante non avesse colpito nel segno, Remember Me era stato un buon titolo di debutto e la casa francese sembrava avere dalla sua idee molto chiare e discrete capacità, e sarebbe stato un peccato vederla chiudere senza aver avuto modo di darne prova.
L'annuncio di Life is Strange, però, mi aveva sorpreso: quello delle avventure episodiche è un genere popolare ma anche particolare, che richiede attenta pianificazione e direzione per suscitare e mantenere vivo l'interesse nel lungo arco di tempo che intercorre tra un capitolo e l'altro. La scelta di un titolo di questo tipo come progetto fondamentale della crescita, o forse addirittura della sopravvivenza dello studio, poteva non sembrare dei più saggi.
Neanche il tema portante del gioco a prima vista sembrava in grado di esaltare. Al centro di tutto, come probabilmente saprete anche se non avete seguito da vicino il titolo, vi sono gli strani poteri della protagonista Maxine Caulfield, per gli amici Max, una studentessa di fotografia che si scopre capace di "riavvolgere" il tempo e modificare gli eventi grazie a questo strano potere, scoperto per caso quando la vita della sua amica d'infanzia Chloe si trova in pericolo.
