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Resident Evil 7: Biohazard - recensione

"Ma che diavolo è 'sta roba". "La visuale in prima persona in un Resident Evil? Devono essere impazziti". "Dove sono finiti i miei Leon, Chris, Jill e Claire? Dovete morire tutti". "Non lo giocherò mai, hanno distrutto un mito". Questa è solo un'infinitesima parte dei commenti che hanno affollato la rete nei giorni successivi alla prima presentazione di Resident Evil 7. Sia i fan di vecchia data che i neofiti hanno bruciato le tastiere per commentare con secchiate di vetriolo la scelta di Capcom.



Nel frattempo la compagnia nipponica proseguiva nel suo lavoro, sicura (una volta tanto) delle sue scelte e dei suoi mezzi. Passarono i mesi e una prima demo si affacciò sul PlayStation Store. La scaricarono in milioni, pronti a schifarla ancora prima di aver messo mano al controller. Alcuni però cominciarono a pensare che forse questo nuovo Biohazard aveva una possibilità. Arrivò una seconda demo e un primo assaggio del supporto al VR. Ancora milioni di download e una parte dello scetticismo si trasformò in fiducia. Poi i primi filmati di gameplay del gioco vero e proprio, i primi dettagli svelati. Uno zoccolo duro di haters però ancora resisteva, convinto che Resident Evil 7 non meritasse di portare quel nome tanto amato.



Il gioco finalmente è giunto nelle nostre mani e sapete bene quanto il sottoscritto sia un amante della saga. Quello che posso dire a tutti coloro che finora hanno sputato veleno sul team capitanato da Koshi Nakanishi è che si sbagliavano, e non di poco. Resident Evil 7 non solo è un grandissimo survival horror, ma è anche un gran bel Resident Evil. Il migliore di tutti quelli usciti negli ultimi 10 anni.

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23 gennaio 2017 alle 17:10