Bayonetta (Switch) - recensione
Sembra una banalità ma lo scorrere del tempo è inesorabile e colpisce qualsiasi cosa, anche i videogiochi. E così, in un battito di ciglia, la procace Bayonetta è vicina a spegnere le dieci candeline dal suo esordio, avvenuto nella scorsa generazione. Eppure durante questi anni la strega non ci ha mai abbandonati, sia per il recente porting su PC, sia grazie al 'ripescaggio' effettuato da Nintendo. Ed ecco allora che dopo il sequel su Wii U, ci ritroviamo di nuovo per le fredde strade di Vigrid su Switch, ed il tutto prende un sapore inedito.
Per chi si stesse avvicinando ora alla sensuale Bayonetta, permetteteci di fare le dovute presentazioni. Parliamo di una strega del clan Umbra risvegliata da un lungo sonno, vittima della più classica delle amnesie ma costantemente impegnata nella lotta contro gli angeli del Paradiso (in questa veste ben più mostruosi che santi). Qualcosa tuttavia si sta muovendo, e oscure figure tramano nell'ombra per ottenere un grande e temibile potere.
Da questo semplice incipit (solo all'apparenza) prende vita una narrativa che sfiora l'epicità senza risparmiare momenti ricchi di azione e tamarraggine. Bayonetta è un'autentica forza della natura, capace di richiamare creature infernali pronte a sbranare in ogni modo i suoi angelici nemici. Il tutto prende vita in una storia dai toni assurdi, che non risparmia adrenalina e botte da orbi. E di colpi ne darete a vagonate, dato che parliamo di un action curato dai Platinum Games sotto la supervisione di Hideki Kamiya (il nome Devil May Cry vi dice niente?).
