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Sinner: Sacrifice for Redemption – Recensione

Inutile negarlo, Dark Souls ha fatto scuola nel mondo dei videogiochi creando e perfezionando i souls-like, che appunto prendono il nome dal titolo stesso. Visto l'immane – nonché giusto – apprezzamento da parte dei videogiocatori nei confronti del genere, non potevano mancare altre produzioni a esso ispirati. Questo è il caso dell'indie Sinner: Sacrifice for Redemption, che sorprendentemente mostra una propria essenza evitando di limitarsi a copiare e incollare le opere di From Software, proponendo una visione distorta e al contempo funzionale e intrigante del genere di gioco.



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I sette peccati della lore



In Sinner controlleremo Adam, uno spadaccino del regno in rovina di Cavanis alla ricerca di redenzione per un grave peccato commesso. Il guerriero solitario, con la mente offuscata e il suo passato ormai dimenticato, si ritrova su una misteriosa spiaggia, spinto da una forza inarrestabile che lo induce a rimediare ai suoi errori. Nel disperato tentativo di fare ammenda, Adam dovrà affrontare le raccapriccianti personificazioni dei sette peccati capitali e decidere se redimerli o bandirli dalla sua vita, per concludere con una letale battaglia contro un'ultima misteriosa e potente entità. Non ci dilunghiamo, altrimenti oltrepasseremmo la linea dello spoiler.



I nostri nemici nel gioco saranno solo queste otto entità (ed eventualmente qualche servitore), cosa che rimanda molto facilmente e per stessa ammissione dello studio allo Shadow of the Colossus di Fumito Ueda. Nonostante la longevità esigua, Sinner: Sacrifice for Redemption presenta una trama di fondo intrigante, una storia zeppa di retroscena non ben definiti, piena di riferimenti, ed elementi di scenario che lasciano al giocatore la libertà assoluta di interpretare ogni suo aspetto. Meglio approfonditi i background dei boss, narrati con intermezzi disegnati a mano poco prima di ogni incontro. La lore del gioco tuttavia tende a essere un po' troppo pretenziosa, arrivando a influenzare anche il finale della storia, facendolo risultare breve e per nulla conciso, con addirittura un messaggio dalla dubbia moralità.



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Il guerriero iracondo



Come già accennato nell'incipit, Sinner: Sacrifice for Redemption si presenta come un action RPG souls-like fluido, con meccaniche di gameplay fortemente ispirate a quelle di Dark Souls. Il nostro personaggio impugnerà due armi diverse, un gladio accompagnato da uno scudo e uno spadone ondulato a due mani che si potrà intercambiare a piacimento anche durante gli scontri, a seconda dello stile di gioco che si predilige tra velocità e potenza. Come da copione, sarà possibile schivare gli attacchi nemici, pararli oppure deviarli con il parry, premendo il tasto assegnato alla parata al momento giusto, mossa che tuttavia servirà solo a sbilanciare l'avversario e non a infliggere un colpo critico (eccezion fatta per il boss finale, azione da cui ne deriva anche un trofeo).



Tuttavia l'ira sarà all'ordine del giorno. Gli sviluppatori di Dark Star e la loro visione alternativa dei comandi ci impongono di dover imparare da capo i primi passi del gameplay a causa di una mappatura dei tasti relativamente scomoda e non personalizzabile e della totale assenza di shortcut per utilizzare gli oggetti, questi ultimi non bilanciati a dovere. Non essendo rinominati in alcun modo, per comodità ci prendiamo la libertà di elencarveli ispirandoci a una ben più nota terminologia: ci sono le pozioni curative, le lance del fulmine, le bombe di fuoco e la resina infuocata. L'utilità di questi ultimi due è dubbia, in quanto la bomba è lenta a colpire e farà ben pochi danni, mentre la resina che infuocherà la nostra spada aumenterà di pochissimo i danni dei nostri colpi ma, paradossalmente, infliggerà a noi lo status bruciatura, facendoci perdere gradualmente sempre più salute. Mal gestito il numero delle scorte, limitatissimo per i due oggetti elencati e ampiamente permissivo nei riguardi delle lance, che fanno addirittura più danno di qualsiasi altra arma.



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16 ottobre 2018 alle 16:10

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