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Mandy - recensione

Ci sono attori che nelle loro scelte artistiche sembrano votati a un lento suicidio. E spesso ci riescono. Rappresentante principe di questa categoria è Nicolas Cage, attore "partito" bene, capace di guadagnarsi un suo affezionato, trasversale pubblico.



Erano i tempi di film come Birdy, Peggy Sue si è sposata, Stregati dalla Luna e l'incontro con Lynch per Cuore Selvaggio. A metà anni '90 è arrivato l'Oscar per Via da Las Vegas, poi è cominciato il periodo dei film di cassetta, azione o commedie sentimentali che fossero, in cui alternava prodotti dignitosi ad altri bassamente commerciali, pur continuando a collaborare con registi prestigiosi (Spike Jonze, John Madden, Joel Schumacher, John Woo, Ridley Scott, Andrew Niccol, i Fratelli Pang, Werner Herzog).



Una carriera onorevole che negli ultimi anni ha preso una piega che lascia perplessi, con film spesso semplicemente brutti, e uscite direct to video (ma anche con terribili toupet e tinte per capelli al catrame). Film scelti autolesionisticamente, un cupio dissolvi che lo ha mantenuto però ben vivo nella memoria degli appassionati di cinema, in una bulimia lavorativa (ha otto film in uscita nel giro dei prossimi due anni) che ha scatenato varie illazioni. Si parla di debiti col fisco per cifre agghiaccianti.

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1 dicembre 2018 alle 10:10