Death Stranding - recensione
Death Stranding è un titolo di cui già i soli concepimento e sviluppo hanno fornito materiale per decine e decine di articoli, editoriali, approfondimenti e analisi in ogni lingua in tutto il mondo e che, vi possiamo già anticipare con sicurezza, regalerà spunti di discussione anche per molto tempo dopo il suo rilascio.
Parte della "colpa" per questa situazione è d'addebitare all'autore stesso, nonché fondatore della software house sviluppatrice del titolo: Hideo Kojima.
Figura iperattiva sulle piattaforme social a diffusione globale, l'uomo è a capo di direzione, sceneggiatura, produzione, design del gioco e scrittura di Death Stranding. A differenza di molte altre software house, Kojima ha sempre "messo la faccia" in tutte le dichiarazioni e informazioni rilasciate sul titolo: il peso di ogni sua foto su Instagram o su Twitter, anche nel caso d'innocenti (forse) update su cosa stesse mangiando quel giorno in ufficio, hanno sovralimentato la macchina dell'hype e del giornalismo scandalistico, generando intorno all'uomo un'aura di misticismo a tratti pericolosamente simile a quello di un antico oracolo della tradizione misterica.
È plausibile che Kojima, una volta presa coscienza di quanto importanti apparissero agli occhi del web le foto delle sue nuove action figure di Godzilla e Ultraman, abbia fatto nulla per fermare tutto ciò e anzi, non è affatto da escludere che si trattasse proprio di un "grande piano" per dimostrare qualcosa che all'interno del mondo di Death Stranding è drammaticamente presente, una diretta conseguenza di quanto l'interazione digitale abbia cambiato in modo radicale la maniera di comunicare, amare e odiare della società.
