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EmblemadiFuoco

ha scritto una recensione su Fire Emblem Engage

Cover Fire Emblem Engage per Nintendo Switch

I due volti dell'Emblema della Rinascita

La saga di Fire Emblem ha avuto, nel corso del suo passaggio dalla 3DS alla Nintendo Switch, uno strano scossone, un cambiamento tanto radicale da aver trasformato questi strategici pieni di Fantasy Giapponese in esperimenti alla ricerca di una strada da perseguire. Fin dal lancio di Fire Emblem Three Houses è stato possibile percepire questo costante senso di confusione del team, premiato ad ogni nuova iterazione dal pubblico con un buon plauso e delle brillanti vendite. Il titolo che per primo ha portato sulla più recente console casalinga della grande N gli stilemi del brand di Intelligent System non spicca per nulla. Trama blanda e dalla lore di difficile comprensione. Gameplay che può essere rotto con poche semplici aggiunte all'armata e un Comparto Tecnico che sente il peso della collaborazione con Koei Tecmo. Non c'è nulla di Fire Emblem Three Houses che mi sia davvero piaciuto, e questo non poteva che gettare una buia ombra su una delle mie saghe preferite di sempre.

La necessità di una rinascita diviene dunque il tema principale dell'ultima pubblicazione appartenente al franchise. Fire Emblem Engage è un'opera che vuole celebrare i 30 anni dell'IP, mettendo in evidenza i potenti eroi che ne hanno forgiato la fama con l'eccezionale iconografia degli anelli. E sono proprio le due facce dell'emblema ad immortalare un titolo imperfetto ma speranzoso, una ripartenza imprecisa ma con intuizioni intriganti.
Il primo volto che Fire Emblem Engage incarna riguarda proprio il suo roseo passato. L'intera esperienza si fonda sull'intervento di nomi celebri come Marth, Roy,Ike, Celica o Lucina all'interno di un conflitto eterno, quello tra il Drago Divino, il nostro protagonista Alear, e il crudele Drago Maligno. La ricerca dei ricordi perduti da parte della primadonna di questa storia si affianca alla ricerca di quella solidità che ha fatto risaltare videogiochi come Fire Emblem Awakening, Echoes o perfino Fates. Da sempre la saga si è incentrata sulla risoluzione di schemi complessi in cui il famoso triangolo delle armi, una sorta di sasso, carta, forbice ma con le armi, si affianca ai poteri di eroi archetipici, affini al Teatro delle Maschere italiano. Una perfezione ricercata e amplificata in questo Engage, che riesce a trovare la strada del divertimento con aggiunte come la Breccia, l'eliminazione dell'arma del nemico proprio grazie al Triangolo prima citato, e il Legame, ovvero il temporaneo utilizzo dei poteri dell'Emblema associato alla truppa. Due meccaniche che non scardinano i pilastri che hanno reso celebre questo sistema di combattimento, ma che allo stesso tempo lo velocizzano e donano uno splendido dinamismo. Fire Emblem è anche splendide visual e una narrativa che si evolve all'interno di ogni scontro, e l'ultima epopea è senza ombra di dubbio foriera di contenuti del genere, con una grafica di un livello superiore rispetto ad altri strategici. In questo viaggio a ritroso, però, tante cose si sono perse sulla strada. Un esempio? La scrittura di qualità dei dialoghi e della trama, che in questo Fire Emblem Engage è davvero un insulto all'intelligenza del giocatore, con cattivi noiosi come non mai e uno sviluppo davvero confuso nelle battute finali.

L'altra faccia che Fire Emblem Engage cerca di incarnare è uno spirito votato al nuovo e alle tendenze che dilagano nel panorama giapponese. Una scelta presa di recente da tanti famosi franchise, che spaziano dai monster collector ai nuovi JRPG. In particolare si va all'inseguimento di quelle storie che hanno cambiato radicalmente la percezione del Sol Levante, incarnate da grandi leggende quali Nier Automata, Persona o Shin Megami Tensei. Proprio per tale ragione, la colonna sonora punta su slanci techno, non sempre coerenti con la storia musicale del brand, nonché si palesano spunti davvero originali per Fire Emblem come lo scontro generazionale e l'apparizione del vero io. A questo però si affiancano scelte che mirano a nicchie giapponesi difficili da intercettare, e che generano alcuni goffi risultati. Non funzionano per nulla molti protagonisti, che spaziano tra classici salaryman scontenti fino a timidi ragazzi che tendono a sottovalutarsi, con una varietà che non valorizza nessuno e il cui eccessivo numero rende impossibile l'utilizzo di molti di loro. Un passo indietro importante rispetto a precedenti pubblicazioni, dove lo splendido e variopinto cast era da sempre stato un pregio, con un comparto artistico in stile V-Tuber nel complesso di buona qualità.

Fire Emblem Engage è dunque un Emblema della Rinascita dai due volti discordanti, laddove lo splendido retaggio della saga viene valorizzato da nuove meccaniche brillanti e da splendide animazioni, tutte le innovazioni artistico-narrative non convincono e cedono sotto il peso di una scrittura davvero poco ispirata. Niente da aver paura, però, per il futuro della serie, in quanto la virata presa da questo capitolo celebrativo sembra lasciar presagire grandi novità.

Gameplay: 10
Game Design: 7,5
Comparto Tecnico: 10
Narrativa: 6,5
Protagonisti: 7
Antagonisti: 5
Comparto Multiplayer: Assente
Musiche: 7,5
Comparto Artistico: 8
Atmosfera: 7,5
Impatto Emotivo: 8

Voto Finale: 7,7

7.7

Voto assegnato da EmblemadiFuoco
Media utenti: 8.8 · Recensioni della critica: 8.4

EmblemadiFuoco

ha scritto una recensione su Persona 5 Royal

Cover Persona 5 Royal per PS4

Rubare il cuore dei videogiocatori.

Un'anno e mezzo fa iniziava un'avventura che mai più se ne andrà dalla mia memoria. Un viaggio che con diffidenza si è addentrato nei meandri della casa di sviluppo più in ascesa dell'attuale generazione di console, uscendone emozionato come nessun videogioco, fino ad ora, sia mai riuscito a fare. Un lungo cammino costellato di personaggi iconici, cultura giapponese, accettazione di mitologie e religioni differenti nonché un'epica vicenda che cita il meglio di Hollywood e anime. Sto parlando, ovviamente, di Persona 5 Royal.
La quinta iterazione della saga sorella di Shin Megami Tensei non mi aveva colpito del tutto nel contatto iniziale. In primis per una mia poca conoscenza dei JRPG, approfondita in alternanza a questa lunghissima run, ma principalmente per le tematiche a volte borderline. Persona 5 Royal non coccola i giocatori che vi si avvicinano, ma subito attacca il mondo moderno nelle sue parti più oscure senza preparare in alcun modo i suoi avventori. L'introduzione risulta così iconica, dove la poesia della Piazza della Stazione di Shibuya in fiore si alterna con i misteri dei Palazzi e del Metaverso, parlando di un professore della scuola del protagonista e delle sue deplorevoli azioni. Tale incipit descrive alla perfezione l'anima del Gioco di Ruolo Giapponese di Atlus, che unisce in se la bellezza del mondo animato con la profondità della filosofia romanzata, l'epicità delle produzioni cinematografiche con le strategie videoludiche più efficaci. Un elemento, questo, che rimane fisso per l'intera durata dell'avventura. Persona 5 Royal ha una struttura ben precisa, costruita per funzionare in un loop di ottima qualità. Nel titolo vivremo giorno per giorno le esperienze del nostro protagonista, potendo alternare una serie di interessanti attività. Potremo passare del tempo con i compagni di party, con uno sviluppo di tali PG strutturato in una forma non dissimile dalle visual novel, con approfondimento delle narrative individuali dei membri del cast; Potremo svolgere mansioni o svaghi per aumentare le "Social Skills", ovvero una serie di abilità che aprono le porte a nuove diramazioni narrative; Potremo lanciarci nella Main Quest, assaltando uno dei Palazzi, ovvero la manifestazione dei desideri reconditi del villain di turno; Potremo perfino risolvere una serie di storie secondarie, tutte affini alle tematiche delle missioni principali. Cosa rende, però, questa routine ripetuta costantemente così affascinante, tanto da capitalizzare la sua attenzione in un mare di videogiochi ben più dinamici? Principalmente tre fattori:
1) L'eccelsa scrittura. Persona 5 Royal ha una mole di dialoghi, informazioni, momenti scritti e fasi narrate davvero mastodontica. Ma nonostante la quantità così grande, e a volte perfino eccessiva, di contenuti, il tutto racconta di un universo vivo e vibrante, con un enorme messaggio da mandare a tutti, videogiocatori e non. L'ultima grande fatica del P-Studio è l'inno all'essere se stessi più grande che la storia della cultura pop abbia mai visto. Joker, Ryuji, Makoto, Haru, Akechi, Futaba, Yusuke, Yoshizawa e perfino Morgana sono tutti comprimari unici, caratterizzati da un proprio stile e da propri obiettivi ed interessi. Tante sub-cultures convergono in Persona 5 Royal, a partire dalla realtà urban per passare attraverso il mondo nerd, fino ad arte classica e a principi chic con minimalismo e citazioni alla Sanrio. Queste differenti ispirazioni non vanno solo a costruire le backstory che possiamo scoprire nei momenti "visual novel", ma saranno costitutivi delle principali contrapposizioni presenti nella storia. L'intera trama mette i così chiamati Phantom Thieves, i Ladri Fantasma, contro un mondo ormai vetusto e passato, che si aggrappa ancore a sole ragioni economiche senza pensare ad arte ed empatia, che dovrebbero essere la base per la creazione di una società del futuro. Nasce così un mondo che, al netto della sua natura fantastica e dei suoi momenti epici, parla di individui che se forzati a compiere azioni da loro non apprezzate giungono alla tristezza più oscura.
2) L'impianto artistico. Persona 5 Royal evolve lo stilema dei suoi predecessori non tanto dal punto di vista tecnico, ma a partire dall'impostazione stilistica generale, che passa dal noir-thriller del quarto capitolo al funky di questo grande capolavoro. Le tonalità dell'intera produzione puntano sul rosso, su una sorta di fiamma o fiaccola per la speranza del futuro. L'unione della colonna sonora "by Lyn", fatta di pezzi energici e che puntano al ballo e alla forza d'animo, con un insieme di menù, character design, ambientazioni e stili di Personae e Palazzi trasforma Persona 5 Royal in una delle proposte più innovative dell'attuale generazione videoludica. La commistione di tante glorie dell'intrattenimento moderno nella grande poetica orientale rende l'opera citata un ponte unico, comprensibile da tutti e che permette di conoscere lati reciproci delle grandi culture internazionali.
3) Il celere Sistema di Combattimento. Persona 5 Royal riesce, senza troppa difficoltà, a proporre una formula ruolistica ormai fondativa del genere, non dissimile da quello che abbiamo vissuto in Final Fantasy, Chrono Trigger, e nei Pokémon dell'era d'oro. A questa forte linea si affianca però una struttura geniale che snellisce, velocizza e alleggerisce uno stilema non per tutti nei ritmi moderni. Tale operazione è possibile grazie alle meccaniche della Staffetta e dell'All-Out Attack, ovvero alternando più alleati in un unico turno e svolgendo un assalto coordinato della loro maggior parte. Quello che avveniva in una mole di tempo consistente, in Persona 5 Royal si risolve in pochi secondi, favorendo un numero maggiore di battaglie e con più creature incontrare ed affrontate. Come il buontempone di Dario Moccia disse in tempi non sospetti, l'esperienza proposta unisce il classicismo ed empatia dei Mostriciattoli Tascabili, con la freschezza glamour de "Le Bizzarre Avventure di Jojo".

Persona 5 Royal risulta così, per me, il più bel videogioco che abbia mai sperimentato, scalzando Metal Gear Solid 2. Un titolo che sovrasta i suoi innegabili problemi di ritmo con una storia da vivere e affrontare da grandi appassionati, ma comprensibile da tutti e che risveglia quell'essere a noi recondito che ci chiede di fare ciò che più amiamo, rimanendo noi stessi nonostante tutto. La sua potenza artistica, la forza emotiva del cast, il gameplay nuovo e dinamico, rendono questa esperienza una summa theologiae di ciò che un racconto deve garantire. L'alternanza di risate e pianti, la comprensione di noi stessi, la conoscenza acquisita di usi e costumi lontani sono piccoli pezzi di un puzzle che nasconde bene le sue inevitabili sbavature. Persona 5 Royal è come un caldo caffé al Leblanc in una giornata d'inverno. Non importano le difficoltà e i cambiamenti, la magia nella nostra quotidianità non svanirà mai.

10

Voto assegnato da EmblemadiFuoco
Media utenti: 9.5 · Recensioni della critica: 9.5

EmblemadiFuoco

ha scritto una recensione su Hi-Fi Rush

Cover Hi-Fi Rush per Xbox Series X|S

Rock'n'Comics

La Cultura Pop moderna si rifà spesso a stilemi ed icone provenienti dagli anni '80 o dai primi anni duemila. I videogiochi vogliono dipingere storie ed universi che elevino tali ispirazioni ad una sorta di post-moderna analisi di ciò che è stato, con aspre critiche oppure con amore incondizionato. Esempi lampanti sono la musica Rock, sempre in auge ma spesso derivata dalle tante band che ne hanno costruito le prime declinazioni, o il mondo fumettistico, dato il grande amore di molti Mangaka nei confronti di quella Marvel di fine Novecento o inizio ventunesimo secolo. Due ambiti che per questo si sono evoluti in forma indipendente l'uno dall'altro. Spesso, nel mondo moderno, i creativi possono dare vita a strane commistioni, soprattutto se di mezzo ci sono i videogiochi.

Hi Fi Rush è senza ombra di dubbio una delle sorprese più folli di quest'anno. Annunciato in un Developer Update di Xbox, e lanciato subito dopo la prima presentazione, il titolo ha stupito tutti gli amanti di Rhythm Game, Stylish Action e dei Comic Occidentali, permettendo a tanti neofiti di apprezzare questi mondi così interconnessi tra loro. Il titolo s'incentra sulla rockstar wannabe Chai, che partecipando ad un programma di potenziamento robotico degli arti dell'azienda specializzata Vandelay, si ritrova coinvolto in una guerra intestina alla corporazione, con nuovi poteri legati ad un errore nel suo esperimento. Il protagonista si ritrova così provvisto di un MP3 impiantato nel petto, percependo l'ambiente circostante a seconda del beat musicale che lo compone. Una lunga avventura dunque, coronata di grandi incontri e nuove scoperte, di continua ironia sul mondo commerciale moderno ed elevando l'autorialità come egida di creatività. Hi Fi Rush persegue questo obiettivo fin dai primi dettagli, fin da quelle citazioni che in altri videogiochi potrebbero essere semplici Easter Egg ma qui rappresentano lo specchio di uno scontro perenne nel mondo dell'intrattenimento. La domanda che osserviamo in ogni istante, giocando all'opera di Tango Gameworks, si dipana intorno al tema dell'originalità e unicità della cultura pop moderna. Un mondo con il solo scopo di vendere copie su copie potrà mai essere percepito come vivo o artisticamente valido? Solo i solitari creativi possono costruire un universo iconico?

Il valore della collaborazione in team trova in Hi Fi Rush una duplice prospettiva. La Vandelay rappresenta un sistema corporativo in cui il lavoro di squadra ha lo scopo di convincere a tutti i costi il consumatore, mentre nel gruppo di comprimari permette una commistione di idee che può essere attaccata e criticata, ma verrà per sempre vissuta come iconica. Un sistema che distingue, in epoca moderna, il mondo musicale commerciale e le band che partono dal nulla sperimentando. Un tema che qui in Italia sentiamo in forte maniera, pensando ai Maneskin (prima della vittoria di Sanremo), ai Nu Genea, ai Bardomagno o ai Nanowar of Steel. Siamo pieni di gruppi che si riferiscono ad un pubblico specifico, ma che in maniera indiretta si infiltrano nelle vite di tutti i cittadini del Bel Paese. Questo è ciò che Hi Fi Rush vuole dimostrare, ovvero che siamo tutti influenzati dalla cultura pop durante la nostra vita, ma a volte l'iconicità non si trova in ciò che ha successo sul pubblico generalista. Sembra una metafora perfetta per Xbox, non credete? Forse perfetta per il ritmo delle loro recenti pubblicazioni.

Hi Fi Rush, dal canto suo, si fonda sul ritmo, sul combattimento e l'esplorazione in mondi in cui la commistione di note e beat è tutto. In questo si fonda l'unione di due generi di nicchia, che insieme formano una Hit. Parlo, ovviamente, di Stylish Action, giochi in cui il combattimento si fonda su skill e combo con effetti artistico-cromatici per i giocatori, e Rhythm Game, ovvero titoli in cui beccare il giusto ritmo in una sorta di puzzle costruito su note colorate. Due generi resuscitati da pubblicazioni recenti di successo, come Bayonetta 3 e Devil May Cry V per il primo e Rhythm of the Necrodancer per il secondo, ma che mai erano stati così ben ibridati.
Il Gameplay di Hi Fi Rush risulta così complesso ma molto appagante, con tecniche sbloccabili nel tempo e mosse bellissime da vedere. Peccato per il Game Design, che rinchiude gli scontri in una serie di arene consequenziali nei livelli, non aggiungendo combattimenti nei "corridoi" d'intermezzo, che sono composti da sezioni platform parecchio sbrigative.

Ovviamente un gioco che si fonda sulle citate tematiche fa dei propri personaggi i massimi riferimenti. Ognuno dei comprimari ha una perfetta evoluzione, anche se grande rilevanza hanno Peppermint e Chai, con grande accompagnamento di un set di cattivi tutti egocentrici, riferimenti di elementi critici della nostra cultura moderna (da idoli osannati a serie animate di cui si cercano delle Reference ovunque, fino al controllo involontario dei bisogni umani o una tossica attenzione all'estetismo muscolare). Un'operazione impossibile senza un comparto artistico che ben si pone a metà tra Oriente e Cultura del Manga e Grandi Comic Occidentali, con numerose sorprese provenienti dal fumetto franco-belga. Un lavoro che studia dettagliatamente quali riferimenti inserire, e come farlo citando videogiochi amati (arrivando a parlare alle generazioni di Viewtiful Joe o Xenogears) o canzoni specifiche e a volte poco conosciute, ma per questo impattanti.

Hi Fi Rush fa vivere a tutti i suoi avventori la bellezza della cultura moderna, profondamente estetica ma legata anche ad una scrittura e storytelling che pervade di magia le nostre vite. A volte ci immergiamo a tal punto in mondi costruiti da grandi compagnie da non renderci conto dell'incredibile abilità di tanti creativi di rappresentare la nostra realtà in modi perfino più efficaci. In tutto questo marasma di uscite, con un medium (purtroppo) sempre più veloce, posso dire senza troppa difficoltà che titoli come Hi Fi Rush devono continuare a esistere, e spero proprio che l'epopea di questa nuova Rockstar diventi una saga molto longeva!

Gameplay: 9
Game Design: 8
Grafica: 9
Narrativa: 9
Protagonisti: 10
Antagonisti: 9,5
Comparto Multiplayer: Assente
Musiche: 10
Comparto Artistico: 10
Impatto Culturale e Rappresentazione Artistica: 9
Atmosfera: 8
Impatto Emotivo: 9

Voto Finale: 9,1

9.1

Voto assegnato da EmblemadiFuoco
Media utenti: 8.9 · Recensioni della critica: 8.7

EmblemadiFuoco
Cover The Legend of Zelda: Breath of the Wild per Nintendo Switch

La Meraviglia e L'Avventura sono narrativa e meccaniche.

Il mio rapporto con il franchise di The Legend of Zelda non è stato, da sempre, dei più floridi. La difficoltà dei Dungeon, unita ad uno stile che da sempre ha sovvertito i normali canoni del fantasy, mi hanno costantemente mostrato un volto straniante, seppur maturo, della saga del prode Link. Una motivazione che mi ha spinto a evitare The Legend of Zelda Breath of the Wild nel mio primo approccio alla Nintendo Switch. Cosa mi ha portato, dunque, a tale drastico cambiamento? Due principali fattori:
-L'uscita di Tears of the Kingdom, un fenomeno di massa che unisce mitologia e fantasy pastorale ad una creatività senza precedenti.
-L'importanza del titolo per una Nintendo Switch che offre sempre più certezze, dato che tale opera ne dimostra le più rosee potenzialità.
Mai mi sarei aspettato che da questo esperimento, primo tentativo di immergermi seriamente in un universo di The Legend of Zelda, ne uscisse un'esperienza così votata alla scoperta e piena di meraviglie, al netto di alcuni problemi che andrò a segnalare, e con un'ultima cutscene che parla del mondo pop moderno più di tanti altri prodotti dell'intrattenimento...ma andiamo con ordine.

The Legend of Zelda Breath of the Wild ha un messaggio importante per tutti i giocatori che si sono avventurati in quelle lande irte di minacce, segreti, creature corrotte, misteri e stupende novità colorate. Tutto quello che trovate in superfice, quello che vedete e che all'apparenza sembra di difficile interpretazione o privo di ogni speranza, nasconde sempre, in realtà, qualcosa di meraviglioso. La Meraviglia è divenuta negli ultimi anni una chiave per la Grande N, tanto da essere protagonista del prossimo titolo 2D della maggiore mascotte dell'azienda, dato il neo-annunciato Super Mario Bros Wonder. Quello che però stupisce in The Legend of Zelda Breath of the Wilde è come tale senso di scoperta, tale sorpresa nello scoprire nuovi aspetti dell'insolita Hyrule proposta, sia parte integrante della narrativa e soprattutto delle meccaniche di gioco. La storia inizia senza comunicare nulla al giocatore, che deve sperimentare da solo ciò che questo mondo può offrire. Svaniscono l'ossessiva ricerca della Triforza e del nuovo potenziamento e viene concessa la massima libertà di conoscere i segreti di un mondo che ha tanto da celare. La bellezza di questa ambientazione trova però il suo giusto spazio solo guardando a questa matriosca e soffermandosi sulla bellezza delle sue sezioni interne. Hyrule è nelle mani di quattro differenti popolazioni, tutte ben esplorate e correlate al protagonista da uno dei quattro Campioni, personaggi che vi lascio scoprire da soli. Ci immergeremo nelle acque piene di rimorso degli Zora, oppure nei fiduciosi cieli dei Rito. Scaveremo nelle gentili rocce Gerudo, o contempleremo l'inserimento di così tanta Scienza nei paradisi naturali degli Hylia. Durante lo sviluppo della narrativa ci accorgeremo che la scoperta diverrà sempre più importante rispetto alla fisica ricompensa di una missione. Trovare nuove informazioni, oppure ottenere ricordi dimenticati saranno al centro di una storia che, alla fine dei conti, ci farà sognare solo nel suo magico inizio e nel suo evocativo finale. Proprio per questo la caratterizzazione di ogni NPC e Location risulta qualcosa di mai visto all'interno del panorama videoludico, e l'interazione che avremo con ogni ambientazione trasforma l'intera mappa in un Puzzle in cui saremo perennemente inseriti.

Il Gameplay di The Legend of Zelda Breath of the Wild si adatta continuamente ai vari biomi che andremo ad incontrare. L'aggiunta, mutuata dal panorama survival, di un sistema della temperatura che varia a seconda di armature indossate e ombre, si connette perfettamente ai poteri concessi dalla tavoletta Sheika. Tanti si sono lamentati della scarsa qualità produttiva dei Sacrari (Un elemento dello scenario che sostituisce gli enormi dungeon del titolo trasformandoli in tanti piccoli enigmi che non si differenziano troppo l'uno dall'altro), ma in realtà basta guardare alle difficoltà concesse dal mondo di gioco per capire che tutto è stato trasformato in un enorme "Sotteraneo" da risolvere. Fiumi e Laghi possono essere superati tramite blocchi di ghiaccio; Interi plotoni di nemici possono essere eliminati posizionando la giusta bomba ad energia nel punto più utile allo scopo finale; Ogni città ha equipaggiamento giusto al clima della sua regione, unendo worldbuilding a pensiero laterale. Ovviamente in un titolo del brand della Principessa Zelda non possono mancare appassionanti combattimenti fatti di parate e schivate. Qui giunge una delle questioni più spinose per la community globale...la distruttibilità delle armi. Ho trovato la meccanica poco impattante nell'esperienza complessiva, data l'enorme quantità di armi che possono essere trovati dai giocatori, al netto di alcune importanti concessioni che potevano essere inserite nei rigurardi delle armi donate durante le missioni principali. Oltre tale tema, il combat system è un elemento chiave dell'esperienza, strutturato bene intorno la connessione tra poteri Sheika e nuove armi utilizzate, ma mette in evidenza il grande e unico problema dell'intera avventura: The Legend of Zelda Breath of the Wild ha gravissimi problemi nel bilanciamento, fino ad una conclusione splendida nella narrativa ma improponibile guardando al Gameplay. Quest'ultima si sofferma infatti su una scalata nella quale verremo bersagliati da una vastità enorme di differenti nemici, e se non avremo concluso e massimizzato ogni possibile contributo alla nostra protezione tale ascensione verso il boss terminerà prima di iniziare. Basterà imbattersi in un nemico forte e tutto quello che avremo imparato nella nostra esperienza collasserà istantaneamente, ma senza garantire al giocatore nuove strade, avvilendolo tremendamente (esperienza personale). Un difetto che rende tale Finale di difficile accesso ma di incredibile manifestazione. Tra scontri finali e ritorni inaspettati, in queste enorme ambientazioni naturali che ricordano capisaldi della serie come Ocarina of Time o Skyward Sword, non potremo fare altro che rimanere a bocca aperta per le gargantuesche proporzioni dei nemici e l'evocativa poesia che l'atmosfera di quel momento garantisce. Tutta l'avventura è scandita da un comparto artistico e un ambito musicale entrambi strabilianti. L'amore riposto nell'immortalare tale universo virtuale trova la sua massima espressione proprio in tale conclusione, che determina una fondamentale verità sulla Cultura Pop moderna. Possiamo ricercare la perfezione, scontrarci con dubbi e assalti oppure odiare delle scelte fatte da tali creativi, ma finita una grande avventura, passate ore in un mondo di così bella portata e caratura (essendo inoltre una traslazione di contenuti della nostra realtà), non potremo che amare quel momento, quell'eterno dialogo al tramonto con comprimari a volte dimenticati.

Gameplay: 8,5
Grafica: 10
Narrativa: 10
Comparto Multiplayer: Assente
Musiche: 10
Comparto Artistico: 10
Impatto Culturale e Rappresentazione Artistica: 10
Atmosfera: 10
Impatto Emotivo: 9,5

Voto Finale: 9,8

9.8

Voto assegnato da EmblemadiFuoco
Media utenti: 9.3 · Recensioni della critica: 9.5

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