Nino_Ethan ha scritto una recensione su ICO
Anno 2001 (nessuna odissea nello spazio), negli Stati Uniti e in Giappone esce su PlayStation 2 ICO, prima esperienza come director per il giovane Fumito Ueda, dopo due lavori come animatore. Ciò che sappiamo di ICO, grazie allo stesso Ueda, è che il progetto nacque sotto forma di breve video della durata di tre minuti, prevalentemente in CGI, che mostrava tutta l’essenza che si sarebbe poi vissuta a sviluppo finito. Il game designer non aveva ancora nozioni sulle limitazioni della prima PlayStation, tuttavia alcuni elementi principali come IA e l'interazione ambientale erano obiettivi già prefissati; questo accadeva nel 1998, sulla prima console Sony.
Il mondo veniva costruito pezzo dopo pezzo, gli elementi su schermo venivano modificati costantemente, spesso lo sviluppatore si chiedeva se il gioco sarebbe stato appetibile, soprattutto per il pubblico occidentale vista l’assenza di punteggi vari e di “gioco”, basando tutto su un design realistico e una narrativa lineare. Ueda svelò che ICO sarebbe potuto uscire anche senza la coprotagonista, Yorda, qualora non si fosse riuscito a darle i movimenti e le fattezze giuste.
Fortunatamente ciò che Ueda aveva in testa rimase intatto, tuttavia era troppo per le capacità di PlayStation, quindi si decise infine di portare tutto su PlayStation 2.
Personalmente il titolo non ha toccato moltissimo le mie corde emotive, ritenendomi uno che si emoziona spesso anche per piccolezze, tuttavia ho apprezzato moltissimo le tecniche di game design messe in campo da Ueda e dal Team ICO, il comparto artistico invidiabile e l’interazione tra i due protagonisti, soprattutto il senso metaforico che il titolo voleva e vuole comunicare.
- Salva la cheerleader, salva il mondo -
Okay, non è proprio andata come la serie TV ideata da Tim Kring, ma passatemi la citazione, perché alla fine è quello che deve fare Ico, anche se Yorda non è proprio una cheerleader. Proprio no. Nelle cinque ore scarse che ho impiegato per concludere per la prima volta il gioco, non ho trovato nella narrativa e nello sviluppo degli eventi il punto forte della produzione, semplice e che scorre senza particolari sorprese.
Un gruppo di guerrieri approda sulla costa di un’isola che ospita un imponente fortezza, rinchiudendo il giovane Ico all’interno di un sarcofago di pietra in questo enorme salone che ne ospita a centinaia. Capiamo subito che il destino del ragazzo è segnato, se non fosse per una scossa di terremoto che sbilancia la sua prigione di pietra liberandolo. Spaesati, esploreremo le prime sezioni del castello, incontrando per la prima volta Yorda, una giovane ragazza imprigionata e difesa da delle strane creature ombra. Solo alla fine scopriremo il motivo della sua prigionia e perché la Regina del castello, pur ritenendola sua figlia, la tenesse isolata e rinchiusa.
Non vi svelo altro, anche se sarebbero una manciata di righe. Dico solo che non riusciremo mai a comunicare con Yorda, essendo la sua lingua e quella di Ico completamente differenti, tuttavia come scritto all’inizio ICO comunica più attraverso metafore e parole non dette, visto che il gioco ha dialoghi molto risicati e disposti con il contagocce. Tuttavia sarà molto facile affezionarsi al personaggio di Yorda, anche perché dovremo prendercene cura per tutta la durata dell’esperienza di gioco. Credo però che questa meccanica, soprattutto a livello ludico, possa annoiare i più, infatti le vendite piuttosto povere al momento del lancio lo dimostrano (circa 650,000 copie vendute a livello mondiale), pur l’eccitazione dimostrata dalla critica e dall’essere diventato un cult per gli appassionati.
Aggiungo infine che le copie PAL e quelle giapponesi beneficiano di un finale alternativo, sbloccabile dopo aver concluso per la prima volta il gioco, piuttosto carino che lascio a voi scoprire.
- Tendi la mano, fuggi dalla prigione di pietra -
Ho adorato il lavoro svolto in fatto di design e level design, in particolar modo le proporzioni precise in scenari che puntano tutto sulla verticalità, la quale si farà sentire nel gameplay con il giocatore che molto spesso dovrà scalare pareti molto elevate per superare l’ennesimo rompicapo ambientale, permettendo ai protagonisti di poter accedere all’area successiva. L’interazione costante con l’ambiente è un elemento cardine di tutta l’esperienza che vivrete con ICO, insieme alla risoluzione degli enigmi che ho trovato semplici nella loro soluzione, ma ben studiati. Certo, dovrete guardarvi intorno in continuazione, altrimenti perderete molto tempo nel capire come andare avanti, ma sta proprio qui secondo me il fulcro del videogioco: guardarsi intorno, fermarsi e contemplare ciò che ci circonda, soprattutto i giochi di luce quando questa filtra dalle torri più alte della fortezza, un elemento piuttosto unico che differenzia l’opera del Team ICO da molti altri prodotti dell’epoca.
In tutto questo, come anticipato nel paragrafo precedente, dovrete difendere Yorda dalle creature d’ombra che, nel caso riuscissero a inghiottirla nei pozzi oscuri che si originano con la loro presenza, potrebbero farvi incappare nel game over. Il titolo di per sé non è difficile, non credo si possa parlare di livello di sfida, ma appunto il game over esiste e si manifesta in due casi: la perdita di Yorda, la quale scatena una sorta di potere che pietrifica Ico, oppure nel momento in cui questo salta da altezze piuttosto elevate andando incontro a morte certa. Quindi se siete amanti delle sfide, di numeri su schermo, nemici da abbattere, ICO non è sicuramente il gioco che fa per voi.
Come detto ho completato il gioco in poco più di cinque ore, tuttavia la longevità varia soprattutto a seconda del tempo che impiegherete nel risolvere gli enigmi. Per coloro che adorano le sfide e le speedrun, su PlayStation 3 per la riedizione in HD sono stati inseriti due trofei legati alla longevità, “Express Journey” e “Castle Guide”, che rispettivamente chiedono di concludere il tutto entro quattro e due ore dallo start.
Dovendo avanzare una critica al gioco, punto il dito verso l’intelligenza artificiale che muove Yorda, la quale non sarà sempre “sveglia” nel seguire i nostri richiami, oltre al risultare impacciata in presenza di ostacoli lungo il suo cammino. Nulla di trascendentale in ogni caso.
Anche qui come per il finale, sempre escludendo il pubblico americano, una volta completato il gioco, si sbloccherà una modalità per due giocatori nella quale si potranno controllare contemporaneamente Ico e Yorda. Ritengo però vada a sminuire gran parte dell’essenza data da Ueda nel concept originale.
- Attendere il tramonto dalla torre più alta -
Già dalla cover del gioco (gli americani sono stati sfortunati in questo caso) capiamo che questo punterà al design delle strutture e alla loro imponenza, rispetto ai nostri protagonisti. Questa è stata disegnata direttamente da Ueda, influenzato dalla pittura e dallo stile del pittore italiano Giorgio de Chirico, in particolar modo dal quadro dei primi del ‘900 “La Nostalgia dell’Infinito”, attualmente esposto nel museo di arte moderna di New York.
ICO non è un mostro di grafica, questo compito verrà lasciato ad altri, ma a livello artistico non scherza. Più di una volta vi fermerete per muovere con tutta calma la telecamera, così da poter esplorare l’ambiente intorno a voi. Il tramonto è mozzafiato, goderselo con il rumore del vento o del mare in sottofondo è un’esperienza unica.
A un occhio meno attento la fortezza potrà sembrare ripetitiva, soprattutto per i colori monocromatici che la contraddistinguono, in totale contrasto con i vestiti sgargianti di Ico e del bianco candore di Yorda. Quello che lascia stupefatti è lo studio della geometria, il perfetto studio delle proporzioni e il come i nostri protagonisti andranno ad interagire con l’ambiente circostante, così da poter proseguire.
Il sonoro di ICO è piuttosto povero se andiamo a valutare le sole tracce musicali che compongono la OST, affidata a Michiru Oshima, Koichi Yamazaki e Mitsukuni Murayama. Gran parte dell’atmosfera è data dai silenzi, dallo scrosciare continuo delle onde del mare lungo le pareti rocciose dell’isola, il cinguettio degli uccelli seguito dalle folate di vento. Questo è ciò che compone il reparto sonoro del videogioco che mi ha soddisfatto, esplodendo poi nella bellissima “You Were There” nell’epilogo. Ecco, forse il finale ha saputo emozionarmi davvero.
Sul doppiaggio non voglio soffermarmi più di tanto: come detto Ico e Yorda non si capiranno mai, per via delle loro lingue differenti. Solo nel finale capiremo cosa vuole dirci, ma lì è voluto. Se poi volete sapere cosa dice effettivamente, senza dover ricorrere a ricerche online, iniziando una seconda partita i sottotitoli che prima erano incomprensibili questa volta saranno tradotti.
- Verdetto finale -
ICO non è un gioco per tutti: se cercate una storia che vi appassioni in modo esplicito, senza dover catturare segnali dall’ambiente circostanti, personaggi con background ben definiti e dialoghi ben scritti, puntate ad altro; stesso motivo se cercate un titolo impegnativo, fatto per macinare record su record. Se invece adorate guardarvi intorno, contemplare il design e la componente artistica dei luoghi messi sullo schermo, fermarvi per il puro gusto di ascoltare il suono dell’ambiente circostante, allora prendete in considerazione il prodotto di Fumito Ueda e del Team ICO.
Il gioco non comunica attraverso le parole, ma attraverso gesti semplici come il tenersi per mano, doversi prendere cura di qualcuno, immersi in un mondo a voi estraneo come un imponente fortezza fredda e vuota, atta a richiudervi per non darvi più la possibilità di osservare la luce del sole che illumina tutto ciò gli si para davanti. Questo è ICO, questo è il primo “esercizio di stile” offertoci da Fumito Ueda.
Voto assegnato da Nino_Ethan
Media utenti: 8.9
Vanitas
http://i.dailymail.co.uk/i/pix/2016/05/3 …
Vanitas
@Nino_Ethan #DicksOut4Harambe